sabato 14 giugno 2014

Viaggio nell'happyfania della provincia ennese

di Rosa Salamone

Quale maggior supplizio per gli alunni che ritornare sui banchi di scuola dopo le vacanze, ogni tipo di vacanze, e trovarsi di fronte ad una pagina bianca da riempire con un racconto sulle vacanze stesse? Il suddetto supplizio è stato inflitto anche ai miei alunni, precisamente al rientro delle vacanze natalizie, anche se a loro in realtà piace molto raccontarsi. In uno dei testi, un alunno aveva scritto “happyfania” al posto di “epifania” meritandosi un bel punto interrogativo. Ho scoperto, in seguito, che la trascrizione di “Happyfania” era stata usata nella pubblicità di un noto marchio di cioccolati, la Kinder, di cui l’alunno avrà fatto un consumo eccessivo con danni irreversibili in campo ortografico. Ci ho riso su concludendo che, se l’epifania etimologicamente è la manifestazione di una qualche divinità, l’happyfania potrebbe essere la manifestazione di una qualche felicità. 
Una felicità da pubblicità, da golosi, da scorrettezza ortografica, ma pur sempre una felicità.

La stessa felicità circola nei video amatoriali costruiti sul ritmo trascinante della canzone Happy, cantata dallo statunitense Pharrel Williams. I video amatoriali vedono, come protagonisti, persone comuni di ogni latitudine le quali ballano e si muovono in luoghi altrettanto comuni per i motivi più disparati: divertimento, autopromozione, vanità, pubblicità. Non sarà la felicità come diritto sancita nella Dichiarazione d’indipendenza americana, forse ricorderà più da vicino la felicità cantata da Albano e Romina Power, quella del bicchiere di vino, con un panino, eccetera, o la felicità da parrocchia del “Se sei felice e tu lo sai, batti le mani”, ma è pur sempre una felicità. 

A pensarci bene, c'è una stratificazione di "happy" nel nostro immaginario musicale, che risale agli anni '80 e che in qualche modo ha reso fertile il terreno a questo fenomeno globale:
  • dal ritmo gospel di Oh happy days degli Edwin Hawkins Singers  utilizzato a piene mani dalla pubblicità dell'Asti Cinzano Spumante;
  • al ritmo pop di Happy days, la sigla di apertura dell'omonima sit comedy statunitense che entrò nelle nostre case e ci raccontò le vicende della famiglia Cunningham;
  • al ritmo reggae di Don't worry, be happy, di Bobby McFerrin, canzone che fece incetta di premi fino ad essere analizzata e smontata da alcuni esperti, i quali arrivarono ad una conclusione: gli ingredienti di questa canzone hanno lo stesso potere di un medicinale per l'umore.
Ma queste canzoni, tutte entrate nel nostro repertorio canoro, prevedevano una fruizione passiva, di mero ascolto; qui, con l'Happy di Pharrell, grazie all'avvento del web, c'è un salto non solo temporale ma anche concettuale: la fruizione da passiva si fa attiva, c'è sì l'ascolto ma c'è anche l'imitazione e riproduzione di video fatti in casa che sono unici perché unici sono i volti e i luoghi dei singoli video. Questi video, dunque, coniugano ad un tempo copia dell'originale e unicità rispetto all'originale. Questo è l'aspetto interessante del fenomeno Happy, a cui si unisce l'aspetto non secondario della felicità condivisa, di un singolo all'interno di un gruppo e di un luogo.

L'isola degli asini, da insieme di lettori in viaggio per la provincia di Enna con libri e sedie, si muove lungo le stesse traiettorie di luoghi e storie comuni e, da lettori in viaggio, abbiamo raccolto tutti i video happy della provincia di Enna. Una sorta di archivio collettivo di geografie ordinarie, di volti ordinari, di storie ordinarie che però si fanno attori di una straordinaria felicità, riproducibile, contagiosa e condivisa.




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