di Davide dal Muto
“Era trascorsa una giornata non offuscata da nulla,
una giornata quasi felice.”
(Aleksandr Solženicyn)
Racconto lungo, il primo, e anche quello più significativo dell’opera di questo gigante della letteratura. Senza nulla togliere al più famoso saggio “Arcipelago Gulag”, Solženicyn meritava il premio Nobel già per questa sua prima pietra miliare.
Il racconto si snoda durante tutta una giornata, dall'aurora al coprifuoco notturno, trascorsa dal prigioniero Šč-854 in un campo di lavoro siberiano poco prima della morte di Stalin.
Innanzitutto è bene analizzare l’umana compassione che l’autore, a sua volta ex deportato politico, usa nei confronti del protagonista (se stesso in pseudonimo) chiamandolo per nome anziché per numero, cosa che avrebbe sì spiegato ancor meglio la condizione degli internati ma a prezzo di un distacco da parte dei lettori, e qui sta il primo pregio del genio di Solženicyn.