mercoledì 22 maggio 2013

Lolita tra i quadri: una bambina che si ritrae con un sussulto

di Rosa Salamone

Mai libro fu calzino più e volte rivoltato come Lolita di Nabokov. Immagino uomini grigi, suoi contemporanei (era il 1955 quando venne pubblicato, dopo vari rifiuti), poco lettori, molto censori, frugare, radiografare, setacciare ogni singola scena del libro per collocarla poi nella lista del "si può, è lecito" oppure "non si può, è immorale".
Il totale (falsato) delle scene immorali ha fatto sì che il libro si depositasse nel passaparola dei lettori come un antro putrido e malsano. Il sigillo a questo pregiudizio è stato definitivamente posto dal film di Kubrick (uscito nelle sale il 1962) che ha giocato sull'amore morboso del quarantenne Humbert Humbert per la dodicenne ninfetta Dolores Haze, Lo. Li. Ta.
Dopo anni di stratificati pregiudizi, un mormorio di dissenso morale, leggere questo romanzo, per la prima volta, è stato ritrovarsi in una regione al di là della moralità, esperienza di assoluto stupore. Stupore per la sapienza della lingua, l'ironia profusa, i giochi di parole, i rimandi letterari, le metafore usate, l'uso singolare delle parentesi.
Potessi io dire il prisma perfetto, luminoso, dalle molteplici facce che è questo libro! Troppa è l'ammirazione, umile la penna. Mi limito, tra i tanti fili di seta che ha teso lo scrittore come un ragno, a tirarne uno, in particolare, quello dei quadri a cui lo scrittore ricorre per tutto il libro a puntellare alcune scene del racconto e renderle sapide e vivide.
Da Vincent Van Gogh alla Venere di Milo, da Claude Lorrain ad El Greco, da James Abott McNeill Whistler a Joshua Reynolds, da Hieronymus Bosch a Sandro Botticelli è un rimando continuo all'arte che apre ad altri mondi e ad altre suggestioni.

"L'ingresso era guarnito da un vezzoso carillon collegato alla porta, da un mostriciattolo di legno con le orbite bianche, genere artigianato messicano, e dallo scontato beniamino dei borghesucci con pretese artistiche, l'Arlésienne di Van Gogh".

(Humbert Humbert, protagonista e voce narrante della storia, per circostanze fortuite si ritrova nella casa della vedova Charlotte Haze per affittare una camera, che qui viene descritta con spietata esattezza.//L'Arlésienne, in una delle tante versioni realizzate da Van Gogh, è figura sfiorita e grigia come grigia e sfiorita è la vedova Haze, agli occhi di H.H.)


"Confusamente distinsi: un pittore surrealista che si rilassa, supino, su una spiaggia, e vicino a lui, anch'essa supina, una copia in gesso della Venere di Milo semisepolta, nella sabbia."

(nasce in Humbert Humbert  un'attrazione perversa per la figlia di Charlotte, la dodicenne Dolores Haze, per la quale allestisce comici e rocamboleschi approcci. Siamo nel salotto di casa Haze,  H. H. è seduto su un vecchio sofà, mentre Lolita, prima giocherellando con un mela tra le mani, poi agitando una rivista con la riproduzione della Venere di Milo, sfiora, tocca, gioca con il posseduto H. H..//La Venere di Milo è la dea romana dell'amore, ideale di bellezza, vincitrice, per volontà di Paride, della mela della discordia. "Amore", bellezza, mela  sono i componenti principali in questa scena di seduzione che, in un gioco di rimandi impliciti - Lolita come Venere -, sono amplificati e potenziati)


"A volte si profilava all'orizzonte una teoria di alberi spaziati, e meriggi torridi e immobili sopra una distesa di trifoglio, e nuvole di Claude Lorrain inscritte in un azzurro nebuloso e remoto, con le sole parti cumuliforme stagliate contro il neutro deliquio dello sfondo."




"O ancora, poteva essere un severo orizzonte di El Greco, pregno di pioggia d'inchiostro, con la fuggevole visione di qualche agricoltore dal collo di mummia, e tutt'intorno strisce alterne d'acqua d'argento vivo e granoturco d'un verde aspro, il tutto aperto come un ventaglio in qualche punto del Kansas."

(dopo il matrimonio tra H.H. e Charlotte Haze, la morte casuale di Charlotte e l'esplosione della "immonda lussuria" di H.H per Lolita, vittima e carnefice, i due si mettono in fuga per gli Stati Uniti, dalla costa orientale a quella occidentale, con pernottamenti in ogni genere di albergo e motel in cui poter vivere questa passione.//Duplice il volto del cielo all'orizzonte: alla Claude Lorraine pacificato, alla El Greco d'inchiostro distorto, minaccioso)


"Una volta trovai otto banconote da un dollaro in uno dei suoi libri (L'isola del tesoro, molto appropriato), e un'altra, un buco nel muro dietro la Madre di Whistler mi regalò addirittura quattro dollari e qualche moneta - diciamo ventiquattro dollari e sessanta centesimi - che presi in silenzio, dopodiché, l'indomani, Lolita accusò di fronte a me l'onesta Holigan di essere una ladra schifosa."

(il vagabondaggio  li conduce ad una cittadina di provincia, Beardsley, dove H.H. ottiene un posto come insegnante, mentre Lolita viene inscritta dal padre ad un college femminile. I rapporti tra i due si fanno tesi, al punto che H.H. è costretto a pagare Lolita per una "parodia d'incesto" e a temere che i soldi accumulati possano diventare motivo di fuga.//Nel quadro La Madre, James Abott McNeill Whistler rappresenta, con tecniche minimali e imperfette, un'anziana signora, miseramente vestita, in un interno povero di una triste casa. Il quadro è un inno alla libertà di composizione svincolata da ogni logica etico-morale. Stessa libertà dalla morale la ritroviamo nel libro, è scritto nella postfazione: "Lolita non si porta dietro nessuna morale.")

"Nella Sala Mandra, che puzzava, c'era una riproduzione color seppia dell'Età dell'innocenza di Reynolds sopra la lavagna, e varie file di banchi dall'aria goffa."

(H.H., convocato dalla direttrice del college, la signorina Pratt, viene rimproverato per la sua educazione severa e costretto a far partecipare Lolita ad una recita scolastica.//Ironica campeggia L'età dell'innocenza di Reynolds, un'innocenza bruciata, incenerita. Scrive Emil Cioran a proposito di questo quadro: "Più si guardano i dipinti di Reynolds più ci si convince che vi sia un solo fallimento: cessare di essere un bambino.")







"Si muoveva come un angelo leggiadro in mezzo a tre orribili storpi di Bosch."


(ricomincia il vagabondaggio di H.H. e Lolita che, a questo punto della narrazione, tesse una trama di menzogne per scappare con un altro uomo di mezz'età, lo sceneggiatore Clare Quilty, di cui H.H. ignora l'identità.// Hieronymus Bosch è il pittore del mostruoso e del deforme, qui evocato, mentre Lolita gioca a tennis, per far rilucere ancor di più la sua bellezza, tra le altre)
"Curioso: benché la sua bellezza fosse sfiorita, mi resi conto con precisione, così disperatamente tardi, di quanto somigliasse - di quanto avesse sempre somigliato - alla fulva Venere del Botticelli: lo stesso naso delicato, la stessa grazia evanescente."

(Lolita fugge da H.H. che, dopo tre anni, riesce a trovarla, grazie ad una lettera da lei stessa inviatagli. La ritrova sfiorita ma non è sfiorito il "grande amore" che H.H. nutre per lei, al punto che le propone di ritornare insieme. Ottiene in cambio un rifiuto e un nome, il nome del rivale che l'aveva strappata a lui e che H.H., in un epilogo più comico che tragico, uccide finendo in carcere. È dal carcere che, in attesa del suo processo per omicidio, scrive la storia che, noi lettori, leggiamo, lungo flashback e flusso di coscienza di un assassino.//Ritorna Venere, questa volta come paragone esplicito - Lolita come la fulva Venere del Botticelli - e foriero di nuovi significati: la Venere del Botticelli è l'esaltazione della bellezza spirituale della donna, anche in H.H. il "grande amore" si è fatto, a suo modo, spirituale. Infatti, sebbene Lolita abbia superato il limite cronologico dell'età delle "ninfette", fanciulle fra i nove e i quattordici anni, H.H. la ama; di un'amore però che non avrà futuro, solo un passato di gelosia e sensi di colpa, minacce e pulsioni)

Finisce il nostro peregrinare tra i quadri, ma non finisce il libro che ha tante e altre facce. Un'altra citazione dal libro a chiusura, inerente sempre la pittura:

"Se fossi stato un pittore, se un giorno la direzione dei Cacciatori incantati avesse perduto il senno e mi avesse commissionato dei nuovi affreschi per la sala da pranzo, ecco quello che avrei escogitato: lasciate che descriva qualche frammento.
Ci sarebbe stato un lago. Ci sarebbe stato un pergolato in fiammante fiore. Ci sarebbero stati studi della natura... una tigre che insegue un uccello del paradiso, un serpente che soffoca nell'atto di trangugiare il tronco scorticato di un maialino. Ci sarebbe stato un sultano, il viso contratto da una grande sofferenza (smentita, per così dire, dalla sua plasmante carezza), che aiuta una piccola schiava callipigia a montare su una colonnina d'onice. Ci sarebbero stati quei globuli luminosi come gonadi che scalano le fiancate opalescenti dei juke-box. Ci sarebbero state attività di ogni sorta per le bambine delle medie, Canottaggio, Coreografia, Corsi di Coiffure, Cori nel sole lacustre. Ci sarebbero stati pioppi, mele, una domenica nei sobborghi. Ci sarebbe stato un opale di fuoco dissolto in una polla aureolata di increspature, un ultimo spasimo, un'ultima pennellata di colore, rosso pungente, rosa scottante, un sospiro, una bambina che si ritrae con un sussulto."

Un sospiro, una bambina che si ritrae con un sussulto.

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1 commenti:

Salvatore D’Agostino ha detto...

Interessante Il finale 'un sospiro, una bambina che si ritrae con un sussulto' una sorta di sintesi del libro.

Saluti,
Salvatore D'Agostino

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