sabato 9 marzo 2013

Paolo Franchi, lettore del Gruppo di Lettura di Vaiano

Dopo essersi arenata nelle secche della quotidiana fatica di chi naviga per passione nel mare dei Gruppi di Lettura italiani, riprende l'indagine sui GdL. Riprende e indossa non la veste dell'intervista, ma quella di una presentazione scritta da un lettore: Paolo Franchi che si racconta e ci racconta il GdL di Vaiano, in provincia di Prato. Il tono è divertito e leggero, ma gli argomenti trattati sono trasversali a molti GdL: dalla solitudine del lettore, al bisogno di riconoscere ed essere riconosciuto, al rapporto esclusivo tra libro e lettore che preclude ogni critica e la riferisce a se stesso, non mettendo distanza tra sé e il libro.


La vera storia del Gruppo di Lettura Vaiano

di Paolo Franchi

Da dove cominciare? Siamo nati nel 2007 e parlare di noi significa innanzitutto parlare di Giampiero, il padre fondatore. Voi direte, che ci vuole a fondare un gruppo di lettura? Basta convincere un gruppo di sfaccendati a riunirsi due lunedì al mese e farsi dare le chiavi della biblioteca. Niente di più sbagliato. Ci vuole un uomo speciale, uno che riesce a farti alzare dal divano nelle sere d’inverno, uno col carisma. Uno che ha ricevuto in sogno da Daniel Pennac il decalogo del lettore e ha deciso di regalarlo al mondo. Cosa poteva fare un uomo del genere? Ha riunito attorno a sé pochi e fidati discepoli e ha seguito il suo destino. Io ancora non c’ero, ma so che le prime riunioni si sono svolte in un freddissimo scantinato sotto la biblioteca, non so se c’erano pure il bue e l’asinello.
Io ho conosciuto il profeta  perché mio figlio e il suo andavano a scuola insieme e lui, alla fine di un consiglio di classe, si è alzato in piedi  e ha affermato, guardando tutti negli occhi, che i professori stavano dando pochi compiti ai nostri figli. In un colpo solo è riuscito in due cose quasi impossibili.
La prima è stata quella di mettere d’accordo tutti, docenti, genitori e figli vi lascio immaginare su cosa; la seconda è stata quella di diventare la mia  nuova guida spirituale.
È stata dura farsi notare da lui, uomini del genere non prestano grande attenzione alla quotidianità.
Dovete sapere che da molti anni ero un lettore solitario, la vita mi aveva portato a frequentare poche persone col gusto della lettura, con l’eccezione di mia moglie che però aveva gusti diversi.
Leggevo, leggevo ma non riuscivo a confrontarmi con nessuno, per alcuni ero poco interessante, per altri noioso.
Eppure tutti mi trattavano bene, a volte alle cene coi vecchi compagni di liceo, diventati quasi tutti ingegneri, medici e professionisti affermati, provavo ad approfondire qualche argomento e loro mi rispondevano sempre nella maniera più semplice possibile, guardandomi bene negli occhi e scandendo le parole.
Capite? Anni senza trovare qualcuno che avesse letto lo stesso libro, secoli senza trovarne uno a cui piacesse la Fantascienza. Ero addirittura dovuto diventare tifoso di calcio per trovare qualche argomento di cui parlare.
Ma alla fine Giampiero è venuto per caso a cercare suo figlio a casa mia, ha capito che mi piaceva leggere e mi ha invitato a partecipare a una riunione.
Quella sera Giovanna parlava dell’Iliade di Baricco. Me la ricordo come fosse ora, aveva un’aria così sicura e parlava in un modo cosi convincente che pensai avesse parlato al telefono con Baricco mezz'ora prima.
Gli altri intorno a me annuivano convinti e concentrati, tutti conoscevano i personaggi e le storie della mitologia greca, anche quelle minori..
Stefano poi sembrava avesse conosciuto addirittura Omero in persona.
Immaginatevi come ci sono rimasto quando a fine serata gli è scappato detto che l’Iliade l’aveva letta vent'anni prima e che la versione di Baricco non l’aveva letta proprio.
Che uomo!
Finalmente vedevo la luce in fondo al tunnel della mia solitudine letteraria.
E ho pensato che forse, se mi fossi applicato parecchio, mi avrebbero presentato Omero, o perlomeno Baricco.
Ho capito in poco tempo però che conoscevo pochissimi libri di quelli che piacevano agli altri, e molti di quei pochi mi erano sempre sembrati noiosi, Calvino si però, Pirandello e Verga mi mettevano tristezza, pensavo che La Metamorfosi fosse un libro di fantascienza riuscito male, gli scrittori russi li associavo agli sceneggiati con Alberto Lupo e comunque, tutti mi ricordavano tanto la scuola e i libri che ci obbligavano a leggere durante le vacanze.
Come farmi accettare?
Qualcosa di buono dovevo pure aver letto anch'io. Ero comunque sicuro di essere ben accolto. Infatti quell'epoca eravamo ancora tutti molto educati, non interrompevamo mai nessuno durante l’esposizione e ci sforzavamo di fare domande intelligenti e  critiche costruttive.
Mi sembra di ricordare che il primo libro che presentai fu “La morte di megalopoli” di Roberto Vacca.
Non era narrativa in senso stretto e affrontava un argomento cosi poco letterario che mi sembrò il modo più sicuro per rompere il ghiaccio.
La serata andò bene, ma sapevo che il vero esame sarebbe stato quello successivo, la narrativa.
Avevo un asso nella manica, uno scrittore emergente suggeritomi in gran segreto anni prima da un amico ingegnere elettronico, fresco allievo di scuola esoterica.
Era Jonathan Safran Foer , autore di “Molto forte incredibilmente vicino”.
L’avevo letto d’un fiato, mi ero trovato di fronte a un uso particolare e affascinante del linguaggio, a una storia commovente e delicata, a un modo rispettoso e originale di parlare dell’undici settembre.
Lo proposi sicuro, anzi strasicuro, che sarebbe piaciuto a tutti e mi immersi nella vasca degli squali col mio miglior sorriso.
Inutile dirvi che non andò come avevo sperato.
Nessuno fu brutale, anzi, ad alcuni piacque ma ci furono diversi giudizi negativi, Stefano poi non era neanche riuscito a leggerlo. Non ero preparato e ci rimasi (stupidamente) malissimo.
Ho capito col tempo che il rapporto lettore/libro non produce mai lo stesso risultato, perché i lettori sono tutti diversi. E scegliamo in maniera diversa.
Non ha molto senso fare classifiche, definire che cos'è arte e cosa no, ciò che conta è cosa ti suscita una storia e cosa ti rimane in testa e nel cuore.
E soprattutto ho capito che un libro raccontato ad altri è una specie di specchio, mentre lo racconti chi ti ascolta vede riflessa nello specchio anche una parte di te.
Che dire ancora?
Io col tempo ho vinto la mia naturale timidezza e presentato molti altri libri, ho finito per dividere le mie letture in due grandi gruppi, i libri degni di esser raccontati e quelli che non lo sono.
Sono riuscito a stare sulle palle a molti col mio modo irriverente di scrivere, mi sono affezionato a tutti e il fatto che abbiamo gusti diversi è diventato una ricchezza.
La nostra età media è intorno ai cinquanta portati benissimo, siamo molto diversi l’uno dall'altro.
Abbiamo un poeta, un divulgatore, un giullare, una specie di Treccani ambulante e un gruppo di donne fantastiche.
Son loro che ci tengono uniti, che organizzano cene, che si sforzano di non scontentare nessuno e che, con la scusa della convivialità,  ci stanno uccidendo lentamente con dosi sempre più massicce di cioccolata e noccioline.
Tipo mantidi religiose molto pazienti.
I nostri rapporti con l’esterno non sono facilissimi, nessuno di noi sopporta di essere etichettato o usato e quindi i politici li teniamo alla larga.
Le nostre uniche aperture pubbliche sono state l’organizzazione di un ciclo di conferenze  su argomenti scientifici e alcuni incontri con gli autori, entrambi con buon successo di pubblico e di critica.
Il gruppo è aperto a tutti e ne siamo orgogliosi.
In realtà oscilliamo fra la speranza che arrivi qualcuno che porti qualcosa di nuovo e il terrore che arrivi un bischero a romperci le uova nel paniere.
Le ultime entrate sono due belle ragazze più giovani di noi, non hanno particolari meriti letterari ma le abbiamo tenute per migliorare la nostra immagine e abbassare l’età media, non ce ne hanno fatto pentire.
Aggiungo infine che invecchiando sono d’accordo con Giampiero quando dice che la sorpresa e la commozione ci arrivano sempre più facilmente dalla divulgazione, dal racconto dei progressi della scienza piuttosto che dalla narrativa.
Ma questo per favore non diteglielo, non l’ho mica ancora perdonato di quella volta di Safran Foer...

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7 commenti:

Anonimo ha detto...

Come al solito Paolo mi prende per il deretano :-) A parte questo ha tracciato un efficace profilo storico del nostro GdL, esagerando magari il ruolo carismastco che mi affibbia: di carisma proprio non ne ho :-) A dirla tutta noi del "nucleo storico" del GdL ci si conosceva già, in un modo o nell'altro, da prima, e ci si conosceva già come appartenenti al ceto dei "lettori di libri". Diversamente, in una era come la nostra, non credo sarebbe stato facile aggregare persone intorno ad una esile e per nulla remunerativa idea come quella di "vediamoci e parliamo di libri". Confesso a capo chino che, magari, inizialmente io ero fra quelli che sperava che il GdL riuscisse a diventare un qualcosa di più di un "semplice" GdL. Avevano sperato che si potesse diventare un "centro di cultura", un'occasione ed uno spazio dove approfondire e confrontare in maniera "orizzontale" argomenti e problemi, in maniera franca e libera da condizionamenti. In tal senso andavano anche i cicli di conferenze citati da Paolo. Non a caso per il ciclo di icontri "Le vie dell'identità", invitammo a parlare su questo tema un economista, una storica, un biologo, esperti di musica popolare, etc. Non è questo il momento nè il luogo per approfondire oltre l'analisi, ma credo di poter dire che il fatto che "i nostri rapporti con l'esterno non sono facilissimi" dipenda anche che è molto difficile (e per tutti, me compreso) ascoltare gli altri. Stanchezza, iper-informazione, egocentrismo, persino banalissimo esaurimento di energie dovuto a miriadi di problemi personali, non dispongono certo al tirare un profondo respiro, mettersi da parte per un momento ed ascoltare argomenti mai sfiorati in precedenza, punti di vista altrui, magari confondendosi le idee nelle complessità. Se dovessi dire quale potrebbe essere il problema fondamentale di un GdL, indicherei proprio questo: la difficoltà alla spassionata e (passatemela...) sovra-individuale analisi.
Per ora mi fermo, sperando che questa bella iniziativa dell'Isola degli Asini possa essere l'occasione per un confronto di esperienze, problemi, curiosità, etc. fra vari GdL.
Ciao a tutti, in particolare a Paolo (consentitemelo) che, magari prendendo per il culo (ops), ma fa coraggiosamente da apripista per molte interessanti discussioni.
Giampiero.

Rosa Salamone ha detto...

Ciao Giampiero, ribadisco quel che è scritto nell'incipit, la presentazione del GdLdi Vaiano fatta da Paolo è tanto leggera e divertita quanto ricca di spunti, su tutti uno: ogni lettore è solo due volte, una quando legge, una quando non riesce a comunicare ad altri le proprie letture, vere e proprie epifanie. Il GdL dovrebbe avere idealmente proprio questa funzione: interrompere una solitudine per condividere una passione. Scrivo idealmente perché, come hai detto tu, non sempre questo avviene, il nostro GdL, ad esempio, comunque giovane e che non nasce da una collaudata rete amicale, fatica ad allargare i propri confini e al proprio interno ad innescare una comunicazione libera da schemi. Tu fai un lungo elenco delle possibili cause (stanchezza, iper-informazione, egocentrismo, persino banalissimo esaurimento di energie, ecc.), mi chiedo se piuttosto queste non siano conseguenze di una vera e propria incapacità a entrare in un relazione matura tra pari: gli spazi di confronto obbediscono sempre più alla logica della battuta da bar, in cui brevità e icasticità la fanno da padrone, o alla logica del pubblico passivo, pagante, “applaudente” (vedi i vari festival letteratura), non siamo abituati ad un confronto ragionato e alla pari sulle cose, questo a mio parere è il nodo da sciogliere: se c’è un GdL non può non esserci un confronto maturo che non si limiti al “mi piace, non mi piace”, “bello, brutto”; se c’è un GdL non posso demandare ad altri la mia opinione, devo ragionarla, confrontarla, metterla alla prova. Pensavo fosse facile nonché stimolante, drenante e invece

Rosa Salamone ha detto...

La discussione è continua sulla pagina fb del gruppo lettura vaiano, copioincollo questo passaggio davvero interessante di Giampiero che sono costretta a dividere in due parti perché "Non è possibile accettare il codice Deve contenere al massimo 4.096 caratteri specificato".
Parte Prima
A ruota libera in parte aggiungo altra carne al fuoco ed in parte rispondo a Rosa Salamone . Insomma non vi aspettate un discorso organico né granchè acuto . Mi sembra che particolarmente in Italia (ma non solo in Italia) su un GdL pesi una non agevolante tradizione che vede la "cultura" sopratutto come un fattore di esclusione, più che di inclusione o partecipatività che dir si voglia. Fiumi di inchiostro sono stati sparsi per sottolineare il ruolo svolto in tal senso dalla chiesa cattolica, con i suoi "ipse dixit", con il suo intimidente latinorum (oggi sostituito dall'inglesorum di altro tipo di sacerdoti). Mi viene da pensare che, probabilmente, su tale visione della cultura pesi non soltanto questo (seppur importante) fattore, ma una generale "arretratezza" del vivere civile italico. E, forse è una mia impressione dovuta a mie personali e limitate esperienze, questo è particolarmente acuto nell'ambito della "cultura umanistica". Insomma...: in una nazione che si pone agli ultimi posti nelle graduatorie dei lettori di libri, chi riesce a balbettare un titolo o un autore di libri tende a menarsela più che a cercare uno "scambio" di sapere o semplicemente di idee. A "pesare" su un GdL sono anche fattori più, come dire, semplici: in quasi tutti i gruppi umani mi sia ritrovato, molto (troppo) spesso l'oggetto attorno al quale ci si era in un modo o nell'altro aggregati, veniva quanto meno annacquato dai (noiosissimi) "giochi" stile "io ce l'ho più lungo", "guarda me ficona/e spaziale", "leader, sono io il tuo seguace più fedele", etc. con contorno di frizzi e lazzi, ironie, etc. a cui allude Rosa. Mettici poi gli altri fattori a cui alludevo precedentemente (saturazione da iper-informazione, stanchezza, etc.)... e la cosa inizia a diventare difficile. Allora...: quale spazio può realisticamente essere un GdL? Inizierei per esclusione. Un GdL non può porsi come priorità quello di essere una "zona franca" in cui non ci siano assolutamente "giochi", nè fare "analisi di gruppo". Probabilmente una quota di questi "giochi" bisogna rassegnarsi a "sopportarla", cercando di limitarla. Mi viene da dire che, forse, in tal senso può funzionare una mezz'ora di chiacchiere libere prima o dopo ogni incontro di un GdL (sono troppo crudo....?). Altra soluzione sarebbe, appunto, una figura assimilabile ad un "moderatore", ma è cosa molto impegnativa rimanere al di qua del limite che porta al leader (ed alle patologie connesse). Un'altra priorità che credo un GdL non possa avere è quella di essere un laboratorio di critica letteraria, un occasione per confezionare un giudizio unanime e più o meno definitivo su un libro. A fine incontro quasi certamente ognuno rimarrà convinto che quel libro è una cacata pazzesca o una pietra miliare. Allora, cosa può essre un GdL? E, di conseguenza, quali possono essere le priorità o persino le "regole" di un GdL?

Rosa Salamone ha detto...

Parte seconda
Con efficace metafora una volta Stefano paragonò il GdL al cercare di imparare a giocare a tennis facendo set e games con un modesto istruttore invece che giocando con Federed o Nadal: se giochi con Federed subiresti un punto dietro l'altro senza neanche vederla la pallina; se giochi con un modesto giocatore, qualcosa l'apprendi. E magari l'apprende anche il tuo "avversario". Ottima metafora. Come avvicinarla alla realtà? Oserei dire che un GdL apparentemente si occupa di libri, mentre in effetti si occupa di, come dire?, idee. Più o meno credo di poter dire che nel nostro GdL il libro di cui si parla è, quasi sempre, un innesco. Quello di cui l’ “oratore” dell’incontro cerca di parlare è più le “cose”, le idee che l’hanno più colpito/a del libro, che del libro da un punto di vista, diciamo così, strettamente “letterario”. In fin dei conti io ho sempre vissuto i libri non come un “mondo parallelo”, migliore o peggiore della “realtà reale”, ma come una occasione per “espandere” quest’ultima. Quello che può interessare un partecipante ad un GdL non è tanto il confrontarsi con altri “lettori di libri” per dare giudizi su un libro (e, magari, sul lettore del libro), ma esporsi alle curiosità altrui, ai punti di vista altrui. Che queste abbiano origine da altri libri letti, da modi diversi di leggere, da sensibilità diverse, da esperienze diverse, non credo faccia differenza. Certo, c’è spesso il “rischio” che poi si parta per la tangente e si cominci a parlare di tutt’altro… ma chi se ne frega? In fin dei conti se si desidera un incontro “letterario” si può sempre andare a seguire una lezione di un “professionista” della letteratura, leggere quel che scrivono grandi (o pretesi tali) critici. Quello che può dare un GdL è lo stimolo al presupposto della lettura: la curiosità. In definitiva in un GdL potrebbe non fregare a nessuno che il tizio A viene lì a mostrarci quanti libri ha letto e come è bravo a fare critiche fichissime ed informate. Potrebbe invece interessare che il tizio A riesca a porre una domanda a cui (neanche lui) riesce a rispondere. In un libro ho letto che è più importante “come” si pensa più che “cosa” si pensa. Certo non può essere una garanzia, ma, forse, se questa “priorità” venisse dichiarata a chiare lettere in un GdL, potrebbe essere questo un modo per arginare le varie forme di egocentrismo in cui tutti (chi più chi meno) siamo ingabbiati.
Il nostro GdL funziona, appunto, più o meno così. Non abbiamo problemi, allora? Beh, ne abbiamo. Probabilmente non gravi, molti spesso inevitabili: vedersi alle 21, dopo una giornataccia non predispone certo nel migliore dei modi. Fra noi forse c’è anche un eccesso di “confidenza”, che ci porta a non “trattenerci” abbastanza a parlare troppo (io sono in cima alla lista). Più che altro a volte temo che questo tenda a “penalizzare” i nuovi arrivati, a cui a volte mi sembra che si tenda a non dare “spazio”. Ma forse pretendo troppo da un gruppo che continua a vedersi da quasi 6 anni. Ma ora basta, chè fa freddo qui nello scriptorium… Ho scritto troppo e forse non sono stato neanche molto chiaro. Spero di essere riuscito a dare degli stimoli a Rosa Salamone , Pina Napoli , Michela Cioletti , Paolo Franchi , Laura Schnusschen Incollingo ed agli laltri lettori del GdL di Vaiano e dell'Isola degli asin

Rosa Salamone ha detto...

Giam, non solo è vero quel che scrivi, cioè che la cultura prima era privilegio di pochi laddove oggi è diritto di molti, ma è anche interessante che tu parta proprio dalla cultura, diritto di molti, per arrivare ai GdL, luoghi in cui si allena questa cultura in uno scambio paritario, in cui cioè ognuno è maestro e allievo ad un tempo. La metafora tennistica di Stefano, a questo proposito, è una delle definizioni più calzanti che abbia letto finora sui GdL, c’è tutto: c’è il gioco, c’è il corpo a corpo, c’è la voglia di imparare e di insegnare, c’è l’altro. Calandoci però nella realtà, alcune idealità inevitabilmente si smontano e scolorano. Tu lamenti alcune problematiche nel tuo GdL e non è un caso che queste siano simili al nostro, ne avevo già parlato qui: http://lisoladegliasini.blogspot.it/2013/01/cosa-non-e-lisola-degli-asini.html Ora mi/ti chiedo: questo significa che quei principi guida ideali siano da rivedere per adattarsi alla realtà GdL o piuttosto che la realtà GdL sia da adattare a quei principi? O ci stiamo prendendo troppo sul serio e un incontro è un incontro e basta?

Anonimo ha detto...

Ti rispondo brevemente ed in maniera non completa sopratutto perchè vorrei leggere altri contributi. Intanto chiarisco una cosa: il mio teorizzare sui GdL di fatto dipende dall'unica esperienza di GdL che ho Voglio dire: ad esempio potrebbe forse succedere che un GdL sia formato da persone che, magari, si occupano di lettura in maniera "professionale" e vogliono in particolar modo parlare di "libri". Nel nostro GdL nessuno di noi è un "intellettuale di professione" o svolge una attività lavorativa in ambito "culturale" (ok Laura Schnusschen Incollingo è una studentessa/lavoratrice e ci sono insegnanti in pensione, ma in maggioranza siamo banalissimi lavoratori dipendenti, fifty pubblici e fifty privayi). In secundis: non credo che tutta una serie di difficoltà (compreso, ad esempio, la pura e semplice timidezza) siano totalmente eliminabili e non a caso usavo il termine "arginare". L'importante è che si riesca a "convivere" con le difficoltà. Credo, comunque, che in un GdL "tipico" (quale credo sia anche il nostro) il chiarire, con le parole e, il più posibile, con i fatti, che non "vince" nessuno e, tantomeno, chi ha letto "più libri di tutti", possa essere un buon inizio. Poi un po' le cose si aggiustano anche da sè, magari con defezioni, ma anche con la conoscenza reciproca. Butto lì: non ultimo sarebbe interessante anche un contatto con altre realtà (cosa in cui noi non eccelliamo....) e/o confronti con altri GdL, anche tramite web.... un po' come stiamo facendo noi :-) . Giam.

Rosa Salamone ha detto...

Copio incollo il commento fatto da Pina Napoli su fb
Condivido il parere di Giamp, Gruppolettura Vaiano,. In un Gdl non ci sono vincitori, non ci devono essere. Non è assolutamente importante chi ha letto più libri, che come sosteneva Rosa Salamone può essere addirittura un'arma contro gli altri, ma è importante la capacità di confrontarsi alla pari, di accettare l'altro..che sembra facile, ma non lo è affatto. E' un percorso ad ostacoli fatto non solo di libri..ma di cultura in senso lato. Per me cultura è anche capacità di adattamento, elasticità altrimenti è banale erudizione. Un GdL, come qualunque gruppo di persone, è una realtà in continuo movimento, con alti e bassi..un piccolo, ma importante scoglio in mezzo ad un oceano in tempesta quali sono i nostri tempi di confusione e paura. Naturalmente ogni Gdl sarà diverso per funzionamento e caratteristiche, essendo inevitabilmente specchio delle persone che lo compongono. Noi abbiamo la fortuna, ma in certi momenti anche la difficoltà di essere molto diversi tra di noi, fatto salvo un humus comune tra cui per esempio l'amore per la lettura( ma anche in quello abbiamo poi gusti molto diversi, come spiegava benissimo Paolo nella sua storia del nostro Gdl)...e quindi i nostri confronti sono sempre molto ricchi, per dirla chiaramente ce ne andiamo a casa solo perché è sempre tardissimo, altrimenti rimarremmo lì fino al mattino dopo a discutere ...Noi ci divertiamo..ma è anche in certi momenti una fatica..che certamente arricchisce. Credo insomma che ogni Gdl sia un caso a sé..per questo il confronto non può che essere utile!!!

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