sabato 10 novembre 2012

Sfumature tra viaggi e miraggi

di Paolo Sottile

Premessa
Penso non esista modo più economico, immediato e piacevole di viaggiare se non attraverso le pagine di un libro. Se solo consideriamo il suo prezzo medio (intorno ai 15 euro) dove potremmo arrivare spendendo la stessa cifra?

Senza contare dell’immediatezza, attraverso un libro si può fare “il giro del mondo in 80 giorni”, o inabissarci per “20000 leghe sotto i mari”, senza il fastidio, dei vaccini (necessari per visitare alcune parti del globo), dei passaporti, delle prenotazioni, dei bagagli, dei check-in e quanto altro comporta un vero viaggio. Grazie ai libri, noi asini erranti in quasi due anni abbiamo errato lambendo le piazze, le biblioteche, le librerie della provincia di Enna e passando dalla California di Arturo Bandini, alla Leeds di Amelia, alla Russia della fattoria di Jones, alla Londra vittoriana di Oliver Twist, dall’Uta-jima (Giappone) di Shinji e Hatsene alla Torino di Natalia, per non parlare del lungo viaggio intrapreso dall’elefante che partì da Lisbona fino al confine con la Spagna, e poi da Valladolid fino a Vienna, passando per Genova, Verona, Padova e Innsbruck. Noi intraprendenti asini erranti, non ci siam fatti mancare neppure un galattico attraverso lo spazio e pianeti ai più sconosciuti, per poi approdare alla New York di James, tornare alla Vigevano post-industriale per poi ripartire per il nostro ultimo viaggio ad Haifa in compagnia del professor Rivlin.



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Diario di bordo ultimo viaggio
Martedì 30 ottobre, Biblioteca comunale di Nissoria

Ad accogliere i lettori, fa capolino un, a dir poco singolare, asino di legno (ormai noto ai più per esser diventato l’emblema del nostro Gdl)  che con la sua inamovibilità da piantone ma nello stesso tempo con la sua aria bonaria, quasi ludica, di un singolare portinaio, penso proprio non sia passato inosservato ai rari passanti, nei quali magari non ha suscitato la curiosità sperata.
Son circa le 21 quando, ci ritroviamo dentro le mura di cinta di ciò  che definirei il “Mausoleo dei lettori”, una biblioteca. Quale miglior contorno potevamo scegliere per  incorniciare il nostro incontro, se non quello offerto dai libri? Gli stessi libri dei quali Amos Oz scrisse:
«I libri non ti abbandonano mai, non ti voltano mai le spalle: nel più completo silenzio e con immensa umiltà, loro ti aspettano sempre sullo scaffale.»
Son circa le 21, quando dopo esserci intrattenuti per un po’ sfumando in discussioni libresche, nell'attesa che qualche altro lettore, curioso, viandante o chiunque altro quella sera non trovando nient’altro di meglio da fare, avesse deciso d’unirsi a noi contribuendo all'incremento del numero di partecipanti, di conseguenza al numero di punto di vista, di opinioni, di sfaccettature e perché no di sfumature.
Come dicevo, son circa le 21 quando si da inizio all'incontro col rito d’apertura, che prevede l’ascolto della registrazione del brano “U sciccareddu”, magistralmente eseguito dal noto (specie per i leonfortesi) Filippo Pascià. Il rito d’apertura, spiazza un po’ i neo-partecipanti dando vita ad un primo ed effimero dibattito, riguardo il testo del brano che suscita nei più adulti dei dubbi sull'autenticità del brano in parte in contraddizione con la versione riecheggiata nei loro ricordi d’infanzia.

Finito il rito iniziale, tocca a me aprir bocca, in quanto è stato da me proposto il (dannato) libro per tale incontro. La sposa liberata di Abraham B. Yehoshua che in fase di lettura non ha riscosso né lo stesso entusiasmo né lo stesso consenso ottenuto in fase di votazione.
Dei presenti all'incontro solo in due hanno ultimato la sua lettura, il che sommato anche all'intreccio di storie, luoghi, personaggi (che ho trovato disorientanti, pertanto difficili da illustrare) presenti nella trama, ed alla mole di pagine che lo compongono, hanno dato vita ad un dibattito alquanto frazionario, poco partecipativo e coinvolgente, riguardo la trama.
Per fortuna, il libro funge solo da spunto, da mezzo, da utensile, da pietra focaia con il solo scopo di far scaturire la scintilla di un dibattito più o meno colorito, quindi dopo una breve presentazione del libro e della rispettiva trama farfugliata dal sottoscritto, il dibattito si è veicolato su un vespaio di viuzze che parevano partire per direzioni opposte ma che spesso si rincontravano formando un intreccio di variopinte sfumature.

La verità, l’identità di un popolo, la cultura mediorientale, l’incesto sono stati i temi della serata.

La verità. “La verità è il vagabondare di Dio” è la citazione di Platone propinataci da Salvatore. La verità è un tema molto ricorrente nella sposa liberata, perseguita con ritmo frenetico e asfissiante dal professor Rivlin (il protagonista del romanzo), non accettata quindi negata da Galia (ex-nuora del prof Rivlin), custodita segretamente da Ofer (primogenito del prof Rivlin), ricercata con piglio professionale, severo e sentenzioso da Haghit (moglie del prof Rivlin nonché giudice di professione), camuffata da Samaher (alunna del prof Rivlin prossima alla tesi di laurea) e dalla sua famiglia, i quali si ostinano a camuffare la depressione facendola passare per una gravidanza in realtà inesistente.
La verità. Cos’è la verità? Ne esiste una assolutamente obbiettiva ed assoluta? C’è qualcuno che la può conoscere? A mio avviso, è solo un’illusione, una corsa affannosa verso qualcosa d’irraggiungibile.

Conosco una persona a me cara che si ostina ad affermare che sia il Sole a girare intorno alla Terra piuttosto che il contrario. Ovviamente per istinto verrebbe da dire che afferma il “falso” in quanto la “verità” è un’altra, ma chi può dire ciò? Gli scienziati? Davvero possiamo affermare con giudizio inopinabile che gli scienziati siano portatori di verità? Troppo semplice a mio avviso, basterebbe in quel caso studiare e diventare scienziati per avere le chiavi del mondo. 

Altro esempio di “false- verità”, facilmente constatabile in quanto è sotto gli occhi di tutti, sono le religioni.

Quante ne esistono? Boh, non le ho mai contate, so solo che ognuna di essa pensa di essere quella giusta, quella “vera”, e la cosa che mi fa sorridere amaramente è che questa “verità” è spesso strumentalizzata per giustificare i più riprovevoli crimini. La cosa buffa è che c’è chi è stato pronto a combattere ed a sacrificarsi in nome della propria verità. Chissà, forse anch'io sarei pronto a combattere per la verità, se solo mi convincessi che ne esiste una, sola ed inequivocabile.

Vi riporto di seguito, concludendo l’argomento, il finale di un libro finito di leggere ieri, che calza a pennello con quanto fin’ora da me affermato.
«Pazienza, era più sicuro così. Infatti al medico venne in mente di chiedergli il quaderno dove lui doveva scrivere le sue memorie e dove ancora si leggeva soltanto: La verità sul caso Kees Popinga. Il medico levò gli occhi attoniti, parve chiedersi come mai il suo paziente non avesse scritto altro. E Popinga, con un sorriso forzato, si sentì in dovere di mormorare: "Non c’è una verità, ne conviene?(Tratto da: L’uomo che guardava passare i treni di Georges Simenon)

L’identità di un popolo. L’identità di un popolo passa attraverso una miriade di fattori, ma essendo l’uomo un animale sociale (definizione partorita da Aristotele), si distingue dagli altri esseri viventi per l’utilizzo della “parola” per comunicare con i suoi simili.
Il prof Rivlin prende in esame il popolo algerino, indagando il loro passato, attraverso lo studio di poesie e racconti popolari pubblicati su vecchi giornali algerini, con il fine di scoprire i primi segni della crudeltà e della follia che imperversano oggi in Algeria. Tra le riflessioni uscite fuori dal dibattito, si è giunti che una delle cause delle violenze che si perpetuano tra gli stessi connazionali algerini, sia quella di non riconoscersi in un un’unica identità nazionale, e che la causa di tale difetto può essere riscontrato nella mancanza di univocità della lingua. Di fatti in Algeria sono riconosciute: la lingua araba (lingua ufficiale), la lingua berbera, in particolare la varietà cabila, anch'essa lingua nazionale ma non ufficiale, ed il francese che,  nonostante non gli sia stato riconosciuto uno stato di ufficialità, è usato spesso dall'amministrazione e dai media, costituendo una seconda lingua di uso corrente per gran parte degli algerini.

La cultura mediorientale. La cultura mediorientale è stato un altro degli argomenti “hot” della serata, in quanto più degli altri ci ha visti schierati tra fronti opposti. Da una parte c’è chi sosteneva che la cultura araba – musulmana fosse molto arcaica e bigotta, chi ci teneva a precisare le differenze tra cultura araba e cultura musulmana, chi prendendo spunto dai propri viaggi in medio oriente ci teneva a smentire i pregiudizi riguardo la libertà della donna, chi ci teneva a sottolineare prendendo spunto dalla propria esperienza,le distanze prese dalle donne nel rapportarsi con gli uomini, specie nella vita comunitaria e pubblica. Non potendo dire la mia, in quanto personalmente non ho avuto il piacere di recarmi in tali terre, posso solo affermare che la visione offertami da Yehoshua, smonta quelli che erano i miei pregiudizi nei confronti di tale popolo, frutto della visione distorta spesso offertaci dalla tv.
 Meno male che guardo pochissimo la tv, posso solo immaginare la mole di “verità televisiva” che mi auto risparmio.

A proposito cito Lucio Marx che disse: “La televisione è molto educativa, appena qualcuno l’accende io vado in un’altra stanza a leggere un libro”.

Riguardo la cultura araba, non abbiamo potuto esimerci dal constatare i numerosi punti di convergenza con la nostra cultura siciliana. Dall'innata e calorosa accoglienza nei confronti degli “stranieri”, alla cucina, alla tolleranza nei confronti delle altre culture e religioni, ai canti liturgici bizantini. Vi riporto di seguito uno spunto tratto dal libro di Yehoshua.
«Anche i musulmani ammirano, quindi tollerano la suora cristiana per la sua voce celestiale, che canta canti liturgici bizantini per rinsaldare lo spirito dei sempre più rari cristiani. I quattro uomini, […] la accompagnano con sobrietà e moderazione, con una nota singolare, sorda e prolungata come il ronzio di un generatore.»
Cosa vi ricorda? A me è balenata subito in mente l’immagine del “lamento” cantato il venerdì santo o in occasione delle tavolate di S.Giuseppe a Leonforte.


L’incesto. Per ultimo, ma non per questo meno importante, mi accingo ad affrontare con le pinze (in quanto si tratta davvero di un argomento tanto scabroso quanto delicato) l’argomento “shock” della serata.

La “verità” tanta perseguita ma mai raggiunta dal prof Rivlin, riguardo la fine del matrimonio tra Galia e Ofer  sta nella scoperta di quest’ultimo di un episodio incestuoso avvenuto tra Yehuda Hendel (padre di Galia) e Tehila (sorella maggiore di Galia) e subito confessato all’allora moglie.

L’incesto risulta agli occhi di tutti in modo unanime qualcosa di inconcepibile ed inammissibile, senza distinzione di età, religione o cultura. Purtroppo non sono nemmeno così rari gli episodi di cui veniamo a conoscenza attraverso la cronaca, tra i più sconvolgenti quello di Elisabeth Fritzl, tenuta prigioniera dal padre Josef, dal quale ha avuto sette figli, frutti di un abominevole incesto. (Vedi libro)

Vi lascio con un interrogativo al quale non son riuscito a trovare una “verità” assoluta, ma soltanto una mia personale verità.

Chissà se qualche luminare, teologo o filosofo ne abbia mai trovata una che mettesse d’accordo tutti. Se dessimo per vero quanto scritto nella Genesi, nonché quanto ci hanno da sempre ripetuto i nostri catechisti o insegnanti di religione, se è vero quindi che l’origine dell’uomo parte dalla creazione da parte di Dio, del primo (ed ultimo) uomo (Adamo) e della prima (ed unica) Donna (Eva) e che dallo loro unione siano nati Caino, Abele e Seth, il quale fu concepito quando Adamo aveva 130 anni (mi sorge spontaneo chiedermi: “Allora non esisteva l’andropausa?”), ammesso e concesso che fosse come alcuni  suppongono, cioè che Caino e Abele non siano stati né i primi né gli unici figli di Adamo ed Eva e che abbiano avuto quindi altri fratelli e sorelle, rimane il fatto che per far si che si raggiungesse l’attuale mole demografica, non possiamo esimerci dal pensare che ne siano accaduti di incesti all'epoca. Stando ad una breve ed epidermica ricerca fatta in rete ho dedotto che: Dio non proibì il matrimonio fra consanguinei se non molto più tardi, quando ci furono abbastanza persone da non renderlo più necessario (Levitico 18:6-18).                                                                               

Non sono riuscito comunque a rispondere alla domanda: l’incesto risulta un fenomeno scabroso ai nostri occhi solo per una questione religioso-culturale? 



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5 commenti:

Salvatore D'Agostino ha detto...

Paolo,
ottimo post ricco e complesso quindi commenterò per temi.
Inizio dalla premessa, ieri leggevo un articolo di Antonella Fiori per l’Espresso che mi ha ricordato il dialogo-monologo avvenuto prima dell’incontro.
Condivido un passaggio per dilatare il nostro errare nel mondo dei libri:
«NUOVO LETTORE FORTE Diminuisce la lettura: sono oggi 25,9 milioni gli italiani che prendono in mano almeno un libro, 723 mila meno rispetto al passato. La conseguenza? Gli editori corteggiano un nuovo tipo di consumatore di cui non immaginavano l'esistenza: uno che non solo ha bisogno di contenere i costi (causa crisi) e quindi si rivolge a edizioni a buon mercato ma a cui interessano "storie facili". Un lettore bulimico, che più della narrativa di qualità, vuole intrattenimento. E ha bisogno di un'offerta continua che soddisfi questa voglia. «Regola numero uno: smettere di confondere il lettore forte con quello colto. Oggi una nutrita fetta di lettori forti sono gli acquirenti di thriller e di romanzi rosa. Nel tempo in cui hanno letto dieci libri, il lettore colto ha letto tre pagine di Gadda», spiega Stefano Mauri, presidente del gruppo Gems (Longanesi, Guanda, Salani, Garzanti) che quest'anno ha avuto il suo exploit con "Fai bei sogni" di Massimo Gramellini (Longanesi). «A paragone con altri settori siamo comunque fortunati», dice. Gli assi che cala prima di Natale sono J. K. Rowling, con il suo romanzo adulto "The Casual Vacancy" (Salani), «contiamo sui lettori cresciuti con Harry Potter», e Louis Sepulveda che dopo 15 anni ha consegnato un nuovo libro per ragazzi: "Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico" (Guanda) nella speranza di bissare il successo de "La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare".»
Qui per leggere l’intero l’articolo.

Saluti,
Salvatore D’Agostino

Rosa Salamone ha detto...

Sono tra quelli che non ha letto il libro, non per mancanza di tempo, nel mese trascorso di libri ne ho letto parecchi e altri, ma perché ho trovato il libro lento e noioso. Yehoshua è un autore di cui ho letto e amato altri libri, tra tutti 'Un divorzio tardivo', ma questo non l'ho proprio digerito, chiuso per tedio dopo duecento pagine circa. Ma questo lo sapete già, durante l'incontro l'ho detto, quel che qui voglio dire è la mia distanza dalla conclusione del tuo post. Non si può giustificare l'incesto partendo da adamo ed eva, da allora ci siamo evoluti parecchio e per fortuna e trovo aberrante anche solo insinuare che un tale gesto possa essere giusto o giustificabile.

Anonimo ha detto...

Ho letto tutto questo libro e avrei voluto parlarne all'incontro (non mi sono collegato alla Sicilia per motivi personali). Yehoshua, pur con stile e contenuti ricchi, secondo me ha clamorosamente sbagliato prodotto. Troppo lungo come romanzo, troppo corto se spezzato in due o tre parti, con alcuni temi che andavano ulteriormente sviluppati o per nulla accennati, e non lasciati lì a metà. E poi, l'inutile tono paternalistico con cui tratta gli Arabi interni ed esterni, mi ricorda il Sudafrica dell'apartheid.
E' vero che il libro è già un po' datato, che la situazione attuale non è più quella di 13 anni fa (e negli ultimi giorni è drammaticamente peggiorata), ma se la migliore intelligenza Israeliana, nel momento forse meno problematico nel rapporto con i loro eterni vicini e nemici, li tratta ancora come animali domestici, con t...utti gli stereotipi del caso, allora non mi meraviglio del fatto che una pace in terrasanta non ci sarà mai.
Non fraintendetemi: sono pienamente convinto del fatto che uno stato di Israele abbia il diritto di esistere e vivere in sicurezza, ma ciò non giustifica per nulla il razzismo (evidente e non latente) con cui gli Ebrei trattano gli Arabi, quasi che l'orrore dell'olocausto non abbia loro insegnato proprio niente.
E questa è la parte più odiosa del libro di Yehoshua.
Il tema dell'incesto viene troppo a lungo tratteggiato, edulcorato e sottinteso, al punto che quando finalmente l'autore lo affronta di petto, il lettore ne è già abbondanetemente nauseato e quindi tenderà a sottovalutarlo.
L'incesto è tabù per il 99% della civiltà umana attuale, un crimine naturale come l'omicidio o il furto. Le religioni ci hanno costruito, negli anni, tutto il loro substrato scabroso, ma in questo caso hanno rincorso una tacita proibizione già solidificata, emanando delle norme culturali e cultuali solo al fine di consolidare il proprio potere sulla comunità, che comunque aveva già autonomamente deciso da secoli di demonizzare questa pratica.
Accetto critiche, stroncature e commenti ulteriori.

Paolo Sottile ha detto...

N.B. Son stato costretto date le limitazioni del numero di caratteri a postare il mio prolisso commento, sezionandolo in due parti.
Ben ritrovati!
Mi spiace aver latitato per parecchio tempo dal blog, ma purtroppo gli impegni e gli interessi che occupano le mie giornate son tanti, e fin quanto qualcuno non si prenderà la briga di allungare di almeno 6 ore le giornate portandole dalle attuali 24 alle più sostenibili 30, penso che, ahimè, dovrò latitare ancora per molto.
Visto che il tema evoluzione è un tema molto ricorrente, (vedi commenti del post, il nuovo singolo di Jovanotti “Tensione evolutiva”, ecc.) vi propongo un quesito.
Cosa sarebbe giusto secondo il vostro punto di vista: retroevolverci tornando a riappropriarci dei ritmi lenti e cadenzati (che per fortuna si “conservano” relativamente al sud) scrollandoci di dosso la schiavitù-dipendenza dall’iperattività, dalle overdosi di interessi, impegni, ecc. o sperare che un fantomatico ministro (magari si potrebbe dar vita ad un ministero dell’economia del tempo) allunghi le giornate di qualche ora, adattandole pertanto ai ritmi ed agli impegni attuali?
Metto da parte la suddetta premessa, evitando di dilungarmi ed allontanarmi dal tema trattato nel post, e di venir meno allo scopo per cui ho deciso di scrivere questo commento, nonché rispondere a quelli vostri.
Inizio per ordine, chiedendo a Salvatore, se per caso si fosse scordato di scrivere il suo commento, in quanto dalla sua premessa ho intuito che intendesse rispondere per tema, ma non riesco a visualizzare altro all’infuori dell’articolo da lui allegato.
A Rosa volevo precisare, che con la conclusione del mio post, non intendo schierarmi dalla parte dell’incesto, lo testimonia il fatto che ho concluso il post con una domanda alla quale non ho dato una risposta. Ciò che tengo a precisare è che, dal mio “microscopico” punto di vista, non esiste ente, istituzione, tribunale,legge, regola, formula,funzione, algoritmo, persona, leader ecc. che possano stabilire cosa sia giusto o sbagliato, vero o falso, buono o cattivo, ecc. in modo univoco ed assoluto.
Sempre dal mio umilissimo punto di vista, ci tengo a precisare una volta per tutte, che non sono pro-incesto, ma nello stesso tempo, se in una sperduta parte del mondo dovesse esistere qualcuno, o addirittura una popolazione, che per questioni culturali, religiose, ecc. diverse dalle nostre, praticano in modo libero e consenziente (fra persone ciò in grado di intendere e volere) atti incestuosi, non mi sento di condannarli.

Paolo Sottile ha detto...

Riguardo il commento di Davide, condivido quando afferma: “Troppo lungo come romanzo, troppo corto se spezzato in due o tre parti, con alcuni temi che andavano ulteriormente sviluppati o per nulla accennati, e non lasciati lì a metà. ”
Non condivido quando sostiene d’aver percepito un certo razzismo “evidente e non latente” da parte degli Ebrei nei confronti degli Arabi.
Semmai, sono dell’avviso che l’unica visione “non-razzista” è ottenibile soltanto da un approccio cosmopolita, senza distinzione di confini (del tutto artificiosi e frutto di eterni conflitti in tutte le parti del mondo).A mio avviso anche nel semplice definire ebrei, piuttosto che arabi, italiani, tedeschi, europei, extracomunitari, ecc., è presente una forma di razzismo latente. Il razzismo, dal mio canto è insito nella volontà di voler contrassegnare, etichettare, definire, circoscrivere qualcuno con un aggettivo che ne stabilisca un’appartenenza a un gruppo ristretto rispetto al resto del globo.
Come sono dell’avviso che siamo ben lungi dall’aver ottenuto la parità di diritti ed un’uguaglianza assoluta. Il termine uguaglianza, secondo me, rimarrà soltanto qualcosa di meramente astratto e teorico, fino a quando ci ostineremo ad accettare per tacito consenso, le gerarchie, il classismo, ecc.
Secondo voi, non risulta contraddittorio definirci una società in cui vige l’uguaglianza, se poi continuiamo ad utilizzare titoli di: onorevoli, dottor, cavalier, ecc.? Si tratta di uguaglianza insegnare agli alunni ad alzarsi quando entra un prof o il preside, e a non farlo quando entra un collaboratore scolastico? Riservare i primi posti a sedere in chiesa, ad una conferenza a dei signori titolati che per tutta risposta nella maggior parte dei casi dimostrano la loro gratitudine arrivando in ritardo mancando di rispetto agli astanti? Penso non serva spendere altre parole, per elencare gli innumerevoli privilegi di cui godono i nostri amministratori, dirigenti, e “ricconi” di ogni parte …
Visto che attualmente stiamo leggendo (almeno penso) “La vita accanto” di Mariapia Veladiano, cito una frase tratta da tale libro.
“ Nessuno sa, anche quando crede di sapere. Il bene e il male sono parole che servono a mettere gli uomini buoni in croce.” . Non vi nego che mi pare d’aver letto tale frase in “Veronica decide di morire” di Paulo Coelho, ma non ne sono certo. Se avrò il tempo verifico, chissà che magari la Veladiano non l’abbia scopiazzata …
Concludo, purtroppo con l’amaro in bocca, cosciente del fatto che il giusto ed il sbagliato, è solo una visione prospettica ed illusoria della realtà…

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