venerdì 1 aprile 2011

Arturo Bandini, una disperata leggerezza

di Rosa Salamone

Anno 1984, Calvino viene invitato dall'Università Harvard a tenere un ciclo di sei conferenze.
Il tema è libero e lui sceglie "Alcuni valori letterari da conservare nel prossimo millennio", ne individua sei, come il numero delle lezioni da tenere,  leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità, coerenza (quest'ultimo rimasto allo stadio di appunti).
Nel settembre del 1985 Calvino muore, quindi non terrà mai le sei conferenze che verranno pubblicate postume nel 1998 con il titolo: Lezioni americane.

La leggerezza è il primo dei valori letterari messo a fuoco da Calvino, leggerezza intesa come sottrazione di peso, e, tra i molti libri, cita una novella del Decameron di Boccaccio dove appare Guido Cavalcanti, nella veste di filosofo austero che va meditando tra sepolcri di marmo, finché non arriva una brigata di giovani ad importunarlo per la sua filosofia epicurea sospetta d'empietà perché intenta a provare l'inesistenza di Dio. Questa è la descrizione che ne fa Boccaccio:
"(...) vedendo Guido là tra quelle sepolture, dissero: «Andiamo a dargli briga»; e spronati i cavalli, a guisa d'uno assalto sollazzevole gli furono, quasi prima che egli se ne avvedesse, sopra e cominciarongli a dire: «Guido tu rifiuti d'esser di nostra brigata; ma ecco quando tu avrai trovato che Idio non sia, che avrai fatto?». A' quali Guido, da lor veggendosi chiuso, prestamente disse: «Signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi piace»; e posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sì come colui che leggerissimo era, prese un salto e fusi gittato dall'altra parte, e sviluppatosi da loro se ne andò".
Al di là dei significati attribuiti a questa novella, fermiamoci su quest'immagine di Cavalcanti che con un salto s'allontana "sì come colui che leggerissimo era".
Portiamola con noi quest'immagine di leggerezza nel parlare di Arturo Bandini, alter ego di John Fante.
In lui ritroviamo, usando un ossimoro azzardato, una disperata leggerezza.
Bandini è un emigrato in cerca di amore e successo, in cerca di riscatto. Tira avanti mangiando arance, scrivendo lettere assurde alla madre, all'agente letterario, nutrendo odio/amore per i propri simili emigrati che portano scritto in faccia il marchio della povertà, del sogno di riscatto mancato, come Camilla Lopez. Questa è la sua disperazione.
Racconta la sua storia di emigrato intingendo la penna non nelle lacrime, nel piagnisteo, ma nel riso, nell'autoironia, nel distacco da sè e dalla sua miseria, evidente anche nell'uso della terza persona. Questa è la sua leggerezza.

Una disperata leggerezza che si respira nella conclusione in particolare.
Bandini è appena riuscito a pubblicare suo primo romanzo di succeso, ha realizzato il suo sogno di fama, non però il suo sogno d'amore, Camilla, come gli scrive Sammy, si trova da lui in una baracca ai confini con il deserto Mojave.
Bandini si precipita con la sua ford, ma Camilla non c'è più, ha preso la direzione del deserto. È sera, fa freddo, Bandini si incammina lungo il deserto. Cammina per chilometri. Cammina e suda. Cammina e sente freddo. Finché non ritorna sui suoi passi. Questo è quel che scrive:
"Risalii il sentiero fino alla ford. Presi la copia del mio libro, del mio primo libro, la aprii e scrissi a matita sul risguardo:

A Camilla, con amore,
Arturo

Percorsi un centinaio di metri verso sud-est e, con tutta la forza che possedevo, gettai il libro nella direzione che lei aveva preso. Poi montai in macchina, avviai il motore e partii per Los Angeles".
In questa scena finale c'è tutta la disperata leggerezza di Arturo Bandini.
C'è il deserto in cui s'è smarrita Camilla e con lei tutti gli emigrati che hanno fallito il sogno americano, "fiori strappati alla radice e ficcati in un vaso".
C'è il libro lanciato nel nulla.
C'è il ritorno alla vita che ha il rombo di un motore.
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2 commenti:

Salvatore D'Agostino ha detto...

PRIMA PARTE:

Isola degli asini,
a margine dell'incipit di Rosa.
Copio e incollo i miei appunti nella sua versione 'sopsesa':

Vorrei leggervi l'inizio: «Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza d'albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione nei confronti dell'albergo. O pagavo o me ne andavo: cosi diceva il biglietto che la padrona mi aveva infilato sotto la porta. Era un bel problema, degno della mas­sima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce e andandomene a letto». (p.3)

Appena ho letto queste prime righe ho riso.
Mi sono reso conto che l'autore non era un pragmatico ma un procrastinatore.
Mi sono trovato 'il mediterraneo' o il SUD: «Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce e andandomene a letto».
E mi sono seduto a leggere.

Questo sud raccontato in una: «stanza d'albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles».

Bunker ovvero: «I bunker sono principalmente sotterranei, ma a volte viene chiamata bunker anche la casamatta. I bunker sono stati usati a partire dalla prima guerra mondiale...»

Hill significa 'Collina'.

Un bunker nella collina: «L'albergo si chiamava Alta Loma. Era costrui­to sulla cima di Bunker Hill, contro il pendio ma in senso inverso, cosicché il piano terra era a li­vello stradale e il decimo dieci piani sotto. Se si aveva la stanza 862, bisognava prendere l'ascen­sore e scendere otto piani, mentre se si voleva an­dare in magazzino, non si scendeva come al soli­to, rna si saliva nell'attico, che stava immediata­mente sopra il piano terra». (p. 9)

Alta Loma significa 'Alta collina'.
862 è convezione degli alberghi mettere prima il piano e dopo il numero della stanza.
Questo edificio è uno SCAVO.

Nella frase iniziale c'è una parola che si ripete 'LETTO'.

sedere sul letto ---> essere a letto
andandomene a letto ---> andare a letto

In modo arbitrario ho eliminato la preposizione 'a'.
Resta: Essere letto e andare letto.

Arturo Bandini voleva essere letto da:
Camilla Lopez a cui regala inutilmente delle copie;
la portinaia dell'albergo Hargraves;
gli avventori dell'albergo, dove lascia nella hall delle copie della rivista contenente il racconto 'Il cagnolino rise' [Bella ed esilarante la sintesi di questo racconto: «La storia parlava del loro adorato Middle-West, del Colorado e di una tempesta di neve».(p.63)] senza ottenere nessun effetto positivo.

Arturo Bandini andava letto (dai suoi lettori) nel corso del libro troviamo tre lettori:
il suo suo Mentore ---> Herr Hackmuth (che gli diede la fortuna economica);
Judy Palmer la ragazzina quattordicenne che aveva trovato una copia lasciata da AB nell'albergo;
il prete, a cui voleva chiedere una confessione, che lo recensì con queste frasi: «La solita sbrodolata. E quell'accenno al Santissimo Sacramento è assolutamente vergognoso». (p. 91)

SEGUE--->

Salvatore D'Agostino ha detto...

Seconda parte

Tutto il libro si contorce sull'idea del 'novello' scrittore di essere letto (quindi di diventare scrittore) e di andare letto (quindi essere scrittore).
Si arrovella sulla sua esistenza 'misera' di scrittore o non scrittore.
In questo dissidio AB John Fante ci svela la sua scrittura e forse la potenza di questo romanzo.

Nel paragrafo della risposta interiore data al prete fustigatore: «Uscii nel sole accecante. Era il più bel racconto, della letteratura americana e quel prete, quell'in­dividuo, l'aveva definito una sbrodolata. Forse il particolare del Santissimo Sacramento non era pro­prio vero, forse quello che descrivevo non era ac­caduto nella realtà. Ma l'analisi psicologica, la pro­sa, la perfezione dell'intreccio dove le metteva?» (p. 92)

La prosa e l'intreccio ovvero la trama e i personaggi: erano perfetti.
Lo scarto di JF sta nell'analisi psicologica.
I sentimenti e le emozioni non risentivano più della piattezza narrativa del romanticismo.
Ricordiamo che ci troviamo nel 1939 e Sigmund Freud era appena morto.

Anche questa volta mi prendo la licenza di fare un'altra improbabile associazione.
L'analisi psicologica viene spesso associata all'immagine dello 'scavo interiore' o 'operazione di scavo'.
Lo scavo mi riporta alla stanza del giovane scrittore squattrinato che abita in un albergo 'Alta Loma' nel quartiere 'Bunker Hill'. Si trova senza soldi. Ed ha un problema immediato da risolvere. Pagare l'affitto.

«Avevo vent'anni, allora. Che diavolo, dicevo, prenditela comoda, Bandini. Hai davanti a te die­ci anni per scrivere un libro, vacci piano, allora, girati attorno e impara qualcosa, gira per le strade. Il tuo guaio e che non sai niente della vita». (p.13)

Ci indica la strada che ha percorso per diventare scrittore ma non ci dà soluzioni. Non ci svela nessun mistero. Non ci offre una poltrona comoda. Semplicemente c'invita a guardare attorno.

Certo ci dirà come pagherà l'affitto ma alla fine: «Percorsi un centinaio di metri verso sud-est e, con tutta la forza che possedevo, gettai il libro nella direzione che lei aveva preso. Poi montai in macchina, avviai il motore e partii per Los Angeles». (ultimo rigo)

Anche in questo caso faccio una piccola forzatura facendo una 'traslitterazione di senso' della frase: «gettai il libro nella direzione che lei aveva preso».
Cambiandola, banalmente, con il senso della vita di uno scrittore; costretto dopo la scrittura di un libro - per mangiare - a gettarlo via e ritornare: «nella stanza d'albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles».

Per altri scavi e forse altre strade: «Arturo Bandini, che non è né carne né pesce né niente».

Saluti,
Salvatore D’Agostino

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