di Orazio Crispo
L’ampio atrio e un’imponente scalinata fiancheggiata da due grossi leoni in pietra, ci conducono al piano nobile; dopo un vestibolo, eccoci nella sala consiliare, elegante e spaziosa. Siamo così entrati nel palazzo di città, severo gioiello barocco adagiato ai bordi della piazza centrale.
Nonostante l’aula fosse accogliente e calda, abbiamo avvertito un leggero spaesamento. Noi, che siamo asini da strada, abituati alle piazze e ai marciapiedi, ci siamo trovati quasi a disagio immersi in tanta vetusta signorilità. Forse perché ospitati ancora una volta dentro uno spazio troppo grande per le nostre esigenze, alle prese con un luogo insopportabilmente vuoto, senza nuovi compagni con cui scambiare libri, discussioni, tesi, opinioni.
Lo statuto dell’Isola degli Asini prevedeva la condivisione e non la divisione. Invece, negli anni questo è successo: da una parte noi lettori erranti e dall'altra la gente che andava via indifferente, distratta. Moltitudini ci sono passate accanto senza curarsi di noi. La lettura non è mai stata di moda, certamente non è un fenomeno sociale e non attira curiosi, né bibliofili bisognosi di parlare.
Oppure non siamo stati in grado di attirare lettori, chissà...
Quindi, ecco il vuoto intorno a noi.
Eppure, ancora una volta, un’altra assise poteva iniziare, un altro viaggio poteva compiersi. Malgrado tutto. Ma vale la pena rimanere un’élite segreta? L’Isola, suo malgrado, negli anni lo è diventata. Perciò, chi ha preso la parola, stavolta l’ha fatto per sancire la fine dell’avventura, per concludere il viaggio e tornare a casa. Proprio così, per alcuni di noi il libro è rimasto chiuso - negletto o non letto - comunque schiacciato da una contingenza che esprime un idioma diverso, che racconta di business, affari ed economia. La lingua della vita che cambia, insomma.
Come opporsi al crudo realismo del mestiere di vivere?
Chi di noi è in grado di ribellarsi alla mòira che impone le sue priorità?
Cesare Pavese, autore oscuro e tragico, è rimasto lontano, appartato nello sfondo della discussione, estraneo e difficile da interpretare. Questa volta il mito è apparso più che mai inaccessibile e non in grado di esprimere le necessità apparse all'orizzonte. Anche se è stato delineato dal nostro pensatore come “Il più bel libro di Pavese”, intessuto di figure ambivalenti e ancestrali, I dialoghi con Leucò è diventato il tragico messaggero della fine degli Asini. Epilogo della nostra mitologia errante. È nel presente che bisogna affrontare l’essere-nel-tempo mentre il mito, al contrario, si dà interamente nell'atemporalità. Ecco perché questo libro improvvisamente ha smesso di parlare e noi di interrogarlo.
Dentro un palazzo ormai freddo, l’incontro si è concluso. Abbiamo spento le luci e chiuso dietro di noi il pesante portone. Fissati nella nostra memoria rimarranno i libri letti, i luoghi, gli incontri; tante pietre archetipali messaggere di dialoghi e idee. Asini mortali, abbiamo alle nostre spalle una clessidra che soffia incessante la sabbia che diventeremo. È tempo di sottrarci all'Eterno ritorno dell’uguale.
Giù nella piazza mi è sembrato di ascoltare le note di un Requiem lontano, di udire campane suonare. Siamo nati in una Terra Matta, nella quale il mito può rinascere ovunque. Non è detto che le campane rintocchino sempre un suono nero, una nota oscura.
A tutti i destini erranti
4 commenti:
Orazio, l’isola come gruppo di lettura era agonizzante già da tempo e vari sono i motivi: in primis non riusciva a catalizzare già da tempo nuovi lettori; in secundis spesso non si parlava del libro, ossia trama, personaggi, lingua, ma si parlava delle teorie intorno al libro, ossia del perché lo scrittore ics aveva scritto quel libro in quel periodo, del perché avesse scelto un modus narrativo anziché un altro, ecc.. Non nascondo che io da semplice lettrice mi sono trovata a volte in imbarazzo ad affrontare certi argomenti, appartenenti più alla critica letteraria che al godimento della lettura, questo per dire che il modo di parlare dei libri, ma a volte la scelta di alcuni libri, dal carattere più filosofico che narrativo, è stata penalizzante, soprattutto negli ultimi incontri.
Al di là di queste ragioni che ci hanno portato a concludere che l’esperienza del gdl è finita, a cui aggiungo la nostra lontananza fisica dal territorio, vivendo ormai altrove, è indubbio che il nostro errare, leggere, incontrarsi, l’isola insomma è stato un segnale forte per tutti quelli che come noi l’hanno vissuto in prima persona. Posso dire per certo che sono cresciuta nell’incontro con il libro ed i lettori, e credo che non avrei potuto chiedere di più e meglio in questi dieci anni. Posso dire che in luoghi adibiti ad altro, ovvero alla chiacchiera, all’abbrutimento, alla desolazione abbiamo creato aggregazione sana e dialogo. Posso dire che ci siamo incontrati sempre all’insegna della circolarità delle idee e della gratuità del fare in luoghi dove non si fa nulla, senza un ritorno materiale o d’immagine. Posso dire che mi sono divertita perché la lettura per è anzitutto piacere puro. Infine, posso dire che la mia esperienza da lettrice non finisce qui ma continua in altre latitudini e in ambienti, magari più formali, ma non per questo meno veri, perché la verità ha mille modi per manifestarsi.
Concludo parafrasando Massimo Troisi: “Morta l’isola, viva l’isola!”
Certamente Rosa, viva viva gli Asini!! Anche per me è stata un'esperienza fondamentale che mi ha arricchito, e non poco. E mi sono anche divertito. Quindi, è un peccato che si sia conclusa: nel post ho cercato di riassumere l'atmosfera della serata, non certo il mio parere personale che, semmai, è emerso nella conclusione. Ma è giusto porre una chiusa e su questo ho già scritto.
Non sono d'accordo sulla tua critica alla "critica letteraria" e ai romanzi "troppo filosofici", questa invece mi era sembrata come una naturale evoluzione e segnalava anche l'emergere di un dibattito più approfondito sulla ricerca di senso sullo scrivere (e sul leggere), operazioni da non prendere... alla leggera! Ma anche di questo, ormai, non ha più senso parlarne.
Per me rimane una sensazione di freschezza e di giubilo difficilmente ripetibile in altre. sedi e in altri contesti.
Orazio, ha dell'incredibile, ma ritorno proprio adesso dall'aver ascoltato una lettura del libro di Hrabal, Una solitudine troppo rumorosa, al teatro Litta, il libro che ha fatto incrociare una serie di lettori e di vite diverse intorno ad Hanta e alla sua love story con i libri. Riascoltarlo è stato come riavvolgere il nastro della serata folle attorno a un fuoco improvvisato, il lago intorno e noi, come lui, spacconi dell'infinito
Perfetto!
Simbolicamente, il cerchio si è chiuso.
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