domenica 24 gennaio 2016

Arance amare

di Orazio Crispo

L’occasione storica, la location ottima, il libro provocatorio. Proprio così, un manipolo di Asini in formato legione straniera ha proposto e commentato Leonardo Sciascia a Milano!


Operazione complessa la lettura, analitica e politica al contempo; dagli Asini è stata sottoposta anche all’erranza geografica, alla migrazione letteraria…  Così si è passati in fretta dal placido e sonnacchioso errare ennese allo svelto pedalare milanese.

Rinnovamento, ritmo, velocità, dinamismo. 

Milano, città futurista per definizione, subirà, d’ora in poi, anche il tempo rallentato degli Asini, con la lettura sottoposta ad un metronomo aperto e senza frenesia, un adagio dilatato.



Una storia semplice quella del nostro gruppo di lettura, ci si conosce una sera davanti ad un lago nel semibuio estivo e si finisce ai piedi di un grattacielo fantasma nel vento sprezzante della notte lombarda.

Con la coscienza di essere portatori di una specificità tutta isolana, ben raccontata nell’apologo sciasciano.

Perché essere nati in Sicilia non è storia facile, ci si porta dietro un lascito, un’eredità pesante e possente. Lontani ed estraniati dalla storia, i siciliani sono allo stesso tempo portatori di una specificità che non lascia scampo.

Terra del sud, del sole e delle arance, terra dell’impossibilità della giustizia, dell’inutilità della giustizia, umiliata e sottoposta a imbrogli e infingimenti.

Forse è per questo motivo che Leonardo Sciascia ha scelto di identificarsi con sorella Ragione, in un illuministico passo indietro per meglio osservare quella Sicilia che spesso è laboratorio delle cose italiane, fucina accecante nella notte oscura della Repubblica peninsulare.

Egli si propone non di reagire ma di ragionare, con l’amara certezza di non poter incidere o cambiare le coordinate degli accadimenti. 

La maestria dello scrittore siciliano consiste proprio nel non proporre morali o moralismi. Egli osserva, si ritrae, scrive.

Lascia a noi, lettori e attori, la possibilità di scegliere e di divenire. 

E chi ha scelto di partire ha capito che la distanza, la lontananza sono speranza, anelito, rinnovamento. Che l’antitesi tra partire e tornare è falsa e insensata perché l’operazione ha sempre come risultato zero. 

La Letteratura come la Vita, non offre soluzioni ma propone possibilità, spazi, orizzonti.


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