domenica 2 novembre 2014

I guardiani della memoria

di Orazio Crispo

Nella biblioteca comunale di Aidone due piccoli manichini impettiti, vestiti con abiti ottocenteschi, sembrano vigilare sulle teche, sui libri, sulle spoglie del tempo, sugli echi del passato.

Dentro queste sale, accolti da un corteo incuriosito e festante, è iniziata la notte degli Asini investigatori, legati dalla Promessa di imprigionare un personaggio e smascherare uno scrittore. 


Nonostante ogni tentativo di definirlo, il libro di Friedrich Dürrenmatt ci è sembrato evadere dalle maglie di una definizione univoca: il suo protagonista è apparso contemporaneamente come un eroe logico, un filosofo prevedibile, un detective passionale, un retore romantico. Il dubbio rimane, Matthäi è riuscito a sfuggire a queste definizioni perché forse le contiene tutte.

Non è un caso che la condizione in cui si trova il personaggio sia piuttosto singolare: egli appare infatti come un perdente nella pratica ma come un vincente nella teoria, e alla fine del romanzo si ritrova estraniato dalla sua vittoria, espunto dallo stesso meccanismo che aveva messo in moto.

Perché a vincere, sembra dirci Dürrenmatt, non è dio ma il Caso, non la verità ma l’Assurdo della condizione umana e la ragione arriva troppo tardi, quando essa non è più determinante per cambiare il destino dell’uomo.

Alla fine, davanti a quel desolato distributore di miserie e benzine, bisogna immaginarsi il nostro Matthäi felice.


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15 commenti:

Salvatore D'Agostino ha detto...

A proposito di 'caso' e la 'condizione umana'.

Stanley Kubrick in una scena del film ‘Full metal jacket’, dopo aver raccontato la cruenta battaglia di uno sparuto plotone che lotta contro pochi ma efficaci vietnamiti. Un plotone, che mentre aspetta i rinforzi, resta intrappolato tra le macerie di una città, vittima di un cecchino che con grande abilità li costringe a una lotta impari (un cecchino che alla fine si rileverà essere una giovane donna) che causerà morte e feriti. Nel momento in cui, con grande fatica il plotone uccide gli ultimi vietnamiti, quando tutto è finito, arrivano i rinforzi.

Quell'arrivo fuori tempo, fuori sincrono - come fuori di senno è una ‘guerra’ - viene enfatizzato con un effetto straniante da Kubrick con l’inserimento di un brano musicale dell’irriverente gruppo punk rock The Trashmen ‘Surfin' Bird’ (1963); in questo brano si miscelano due canzoni ‘The Rivingtons: Papa-Oom-Mow-Mow’ e ‘The Bird's the Word’ sporcando, accentuando la musica con la ripetizione sgangherata di versi onomatopeici.

Ormai è troppo tardi, sottolinea Kubrick, adesso è rimasta solo morte e distruzione da dare in pasto all'opinione ‘indignata’, ‘politica’, ‘attenta’, ‘puntuale’ del sistema mediatico.

Nessuna fatalità, nessuna circostanza, nessun segno del destino ma pura crudeltà di chi inciampa in qualcosa d’idiota, per Kubrick è la guerra, per Friedrich Dürrenmatt è lo stato di grazia di una donna beatamente invidiosa che se ne frega delle conseguenze nefaste della sua vita virtuosa – non le vede e se le vede pensa solo a tutelare, con fermezza, il suo benessere.

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Rosa ha detto...

Per me è stato un incontro dai mille stimoli che ho assorbito con uno sguardo tra l’ebete e l’entusiasta. Decodifico adesso, a distanza di giorni, questi stimoli, un po’ come il carabiniere del luogo comune che a posteriori ride ad una barzelletta. Che dire? Da subito mi ha destabilizzato e sorpreso l’accoglienza entusiasta e curiosa delle bibliotecarie di Aidone, cosa a cui noi, come lettori, non siamo abituati (abbiamo fatto il callo alla diffidenza, piuttosto). Per noi hanno scombussolato orari di apertura, tirato fuori dolci, tavoli e sedie, sistemato la sala abbellendola con abiti d’epoca. Il tutto con sorriso e gentilezza, che non è poco. Mi ha destabilizzato e sorpreso anche il ri-trovare lettori che si sono sorbiti ore ed ore di auto per esserci (anche a questo non riesco ancora ad abituarmi, scusatemi) e ai quali, scherzando, ho detto: “Non so se siamo più folli noi nel proporre di incontrarci ad Aidone o voi a venirci!” Una cosa è certa: ci accomuna sia la lettura che la follia! Ritorno agli stimoli della serata e ovviamente una parte importante occupano i commenti sul libro che sono stati una sorpresa per me nella misura in cui hanno arricchito il mio punto di vista sul libro stesso perché è indubbio: quando leggi il libro in solitudine il tuo punto di vista è lì e pare dominare su tutto; quando poi lo confronti si ridimensiona, si lima, sgomita e affianca a quello degli altri. A me viene sempre in mente la parabola buddista dei sei ciechi l’elefante, in cui ognuno dei ciechi tocca e percepisce solo una parte ed è convinto che quello sia l’elefante quando, invece, è la somma dei punti di vista parziali che dà l’insieme elefante. Mi fermo qui, non vorrei dare l’impressione di essere troppo democratica, e ritorno ai commenti che non trascrivo tutti, non me ne vogliate, soltanto quelli che il setaccio della mia memoria ha fatto venir giù. Il commento di Orazio su Matthai, perdente nella vita nonostante in teoria avesse ragione. Commento che faccio mio ed estendo: è come se ci fosse una sorta di separazione tra la teoria, che è il campo della logica, e la pratica, che è il campo del caos. Teoria e pratica, logica e caos che in Matthai non riescono a sposarsi. L’insofferenza di Cateno nei confronti del genere poliziesco e il limite di Durrenmatt che, è vero, smonta, ribalta, critica il romanzo poliziesco, ma comunque in quel genere resta ingabbiato. Dal mio punto di vista, questo però non è un limite del romanzo e del romanziere ma una precisa scelta di campo (taccio le divagazioni di Cateno sul filosofo che dilata la realtà scrivendo et similia, solo perché non riguardano il libro non perché non siano interessanti). E poi l’intervento di Agata a dire che è il dottor H. a riflettere sull’intervento del caso e dell’assurdo nella vita laddove gli altri personaggi, tra tutti Matthai, sono imprigionati nella loro storia biografica e mancano di una visione d’insieme. Un po’ come a dire che ci sono conseguenze e dinamiche che sfuggono a chi non riesce a mettere distanza dalla propria storia.

Rosa ha detto...

Ancora, l’intervento di Giovanni sulla differenza tra causalità e casualità e sulla coesistenza di entrambe le dinamiche nel libro. Riflessione che a me era parsa troppo pignola sul momento, un voler spaccare il capello in quattro, ma che poi mi sono ritrovata, volente nolente, tra i piedi. E poi la divergenza tra Sabrina e Giovanna su Matthai che, per la prima è tutto razionalità dall’inizio alla fine del libro, per la seconda no, c’è una conversione al sentimento durante le ricerche dell’assassinio. Io sto dalla parte di Sabrina. Matthai, non solo è raziocinio al cento per cento, ma è un raziocinio esasperato dalla tigna e ostinazione: lui vuole aver ragione sul flusso della vita, pretende che sia la vita ad adeguarsi a lui e ai suoi desideri e non viceversa. Infine, il commento di Salvatore sulla signora Schrott avvolta nel suo ‘stato di grazia’ e miseria morale. Ecco ho finito di innestare le mie riflessioni con le altre in questa sede. In calce ai commenti, ribadisco, non tutti riportati, uno stimolo culinario: i dolci. E tra tutti i dolci portati dai presenti, le praline, dolci determinanti nell’intreccio del romanzo. Un dettaglio dolce e di classe.

L'isola degli asini ha detto...

Forse il commento è troppo lungo, tant'è che l'ho dovuto dividere in due parti, ma la serata è stata davvero interessante, dentro e fuori dalla biblioteca. Dico anche fuori perché non capita tutti i giorni di camminare con una coppia di tedeschi che ti fanno da ciceroni per un paese siculo!

Salvatore D'Agostino ha detto...

Interessanti questi appunti sui dialoghi incrociati della serata.

Aggiungo altre riflessioni:

1- Il passaggio iniziale di Orazio che alla fine della sua lettura cambia idea sul personaggio Matthäi, da quella iniziale di ‘eroe assurdo’ di derivazione camusiana (dove l’assurdo, per Camus, diventa motivo di rivolta per il riscatto dell’umanità oppressa) a eroe romantico con spessore filosofico.

2- La risposta lapidaria di Giovanni alla domanda degli aidonesi ‘ma che cosa vi unisce?’ il libro, ma proprio solo il libro è basta! Con il finale, un po’ moraleggiante, tutto quello che abbiamo detto non è perché siamo letterati ma solo perché abbiamo letto il libro. Ognuno leggendo può parlare di quello che legge.

3. Le osservazioni di Enza sugli inciampi della traduzione. Su tutti il giuramento non sull'anima ma su Dio di Matthäi (particolare non irrilevante).

Infine aggiungo una mia nota postuma, non credo che Dürrenmatt volesse far diventare Matthäi un eroe o un filosofo. Come dice in calce al libro era sua intenzione sovvertire i canoni del noir ottocentesco e soprattutto eliminare qualsiasi intenzione pedagogica. Nel romanzo il dottor H. rimprovera a Dürrenmatt l’inutilità dei noir poiché per vendere – essere commerciali – devono avere sempre un eroe e un ‘happy ending’ ovvero il finale da ‘favola necessaria’, costruiti con un intreccio da abili scacchisti perché, puntualizza il Dottor H., “con la logica ci si accosta soltanto parzialmente alla verità”.

Volgarizzando e con fare asinino, Dürrenmatt, ha traslato la favola di ‘Cappuccetto rosso’ - raccontata come monito ai bambini per molti secoli – nel novecento, dove non sempre tutto è ‘causa ed effetto', perché anche qualcosa d’idiota può capovolgere qualsiasi logica raffinata.

In questo libro l’unica persona che muore in pace, alle undici di mattina nel dicembre 1956, con il conforto divino dell’estrema unzione è la signora Schrott, tutti gli altri toccati da ‘qualcosa d’idiota’ moriranno, istupidiscono o non si daranno pace.

Immagino che il dipartimento cantonale di Zurigo del Dottor H., grazie alla donazione di cinquemila franchi, abbia posto quest’epigrafe a memoria dei posteri:

“La ristrutturazione del palazzo della Kasernenstrasse si deve alla generosa donazione della signora Schrott (1878 – 1956). Donna virtuosa, umile e di animo buono. Dopo breve malattia è salita in cielo sorridendo.”

Qui l’immagine del sorriso

PS: (Rosa ma dov'è scritto che la signora Schrott avesse 109 anni?)

,Orazio ha detto...

Anche se con una certa enfasi (di cui mi vergogno) adesso mi viene da pensare che i “guardiani della memoria” stavolta siano stati gli Asini.

Riunirci attorno ad un tavolo avendo come unica fonte di ispirazione un libro e la voglia di confrontarsi è qualcosa da preservare, un WWF di carta.
Di certo non per chiuderci in una gabbia ma per “dilatarla” (come suggerirebbe Cateno…)
Per aprire confini che sono mentali, non fisici.

Venerdì nella libreria comunale è accaduta l’Epifania e forse non siamo riusciti a trasmettere agli amici aidonesi il giusto entusiasmo per il miracolo laico che si stava manifestando davanti ai nostri occhi…

Sono davvero contento dei tuoi Commenti e, guarda caos, proprio stamattina riflettevo su come i commenti fatti dopo l’incontro possano essere davvero importanti!

Infatti, pensavo che i nostri incontri sono ritmati da tre tempi distinti: il tempo solitario della lettura, nel quale, come dicevi tu, siamo i protagonisti indiscussi; poi segue il momento dell’incontro nel quale prende forma una visione polifonica del libro, multipla e perfino sinfonica. Anche dodecafonica, succede!
Qui si tracciano nuove linee di pensiero inusitato e riflessioni a cui non avremmo mai pensato da soli: comincia l’analisi fondata sull'ascolto reciproco.

Ma è proprio dentro la macchina (almeno per me), quando l’ora è tarda e la mente aperta e distratta, che inizia la terza parte. Quando tutti i diversi sapori dei commenti ti fanno vedere il libro secondo una visione sintetica che non è più quella della tua iniziale e solipsistica voce, ma è quella dell’intera mandria, una corale che rinnova il pensato, e lo proietta verso il Nuovo.
Nuovi nessi, nuova linfa, nuova biada.

E ti viene voglia di ricommentare e condensare, “dilatando” l’esperienza.

E’ proprio il Blog del day After che dovrebbe chiudere l’esperienza e proiettarla verso il prossimo appuntamento…

Unknown ha detto...

Ritorno a venerdì sera e ancora mi muovo tra contemplazione e azione, casualità e causalità, passione e ragione, ordine e caos. Rivedo Matthei sfidare leggi e autorità e imporre la sua logica ferrea affermandosi come eroe romantico di un romanzo giallo che non viene considerato tale.
Boh???........mille contraddizioni, un' unica verità ....la gioia della condivisione!

Rosa ha detto...

Orazio è interessante questa considerazione sui tre tempi della lettura all’interno di un gruppo di lettori. Io mi ero fermata ai due tempi: quello della lettura individuale e quello della lettura condivisa nel dialogo. Questo terzo tempo di shakeramento, riflessione, assimilazione mi piace.

Salvatore per me la signora Schrott ne aveva 109 perché si diceva nel libro che c’era una differenza di 10 anni con la sorella che per me era una sorella minore non maggiore. Una svista comunque irrilevante rispetto alla comprensione del testo.

Salvatore D'Agostino ha detto...

@Orazio,
condivido molto l’idea di ‘terzo tempo’ attraverso l’uso del blog.

@Rosa,
certo che è fondamentale per la ‘comprensione del testo’ perché per la religione cristiana i centenari sono esenti dall'estrema unzione, in sostanza sono ‘morti che camminano’ :-)

Agata Fragola ha detto...

Ancora commenti!!!!! Mi riallaccio all’ultimo ( ma forse mentre scrivo ne sono arrivati altri..) quello sui morti viventi.. saranno gli echi delle festività appena trascorse, ma proprio di questo pensavo di scrivere.
Tre figure aleggiano in questi giorni : Matthai, la signora Schrott e il dottor H.
Due, come color che son sospesi, abitano in un limbo, in quella zona intermedia dove non si è ancora morti ma non si può dire che si è vivi.
Il terzo rimane radicato sulla terra ma con una consapevolezza nuova.
Matthai, fino ad allora tutto raziocinio, fa un passo avanti rispetto al pensiero logico, usa l’intuizione
( scatterà all’aereoprto quando vede i bambini..) per cogliere ciò che sfugge a coloro i quali pensano in linea retta.
L’intuizione è un altro regno, un’altra facoltà della mente, ed egli “genio, si spinge in prossimità delle leggi che regolano il ritmo del mondo”.Ma incontra il caso, l’irrazionale irrompe con le sue leggi di Caos- effetto: vittima dell’aver capito, Matthai inciampa nell’assurdo.
Non gli rimane altro che attendere chi non arriverà mai, sospeso in quella terra di mezzo, mentre tutto intorno a lui si decompone.
“Moderno Abramo, nutrito di fede e di speranza”.
Della vecchia signora morente che dire, anche lei sospesa, dopo una vita vissuta nella totale inconsapevolezza di sè, di ciò che è bene e ciò che è male.
Spetta al dottor H. fare della verità una sintesi (filosofica). Sono sue le parole più significative del romanzo: - “ L’assurdo succede come qualcosa di altrettanto straordinario che il bene”…
”la nostra ragione rischiara il mondo non più dello stretto necessario”.
L’assurdo va incorporato nel nostro pensiero.
Non vedo conversione in Matthai semmai” inversione”(a U) quella dall’aereoporto alla caserma, e non vedo stato di grazia nella vecchia, ma” beata” ignoranza di sé, miseria e vuoto.
Alla fine tutto si scompone e tutto si ordina..ma non come ci si aspettava .
Delitto senza castigo.

Rosa ha detto...

Hai ragione Agata a chiamarlo un delitto senza castigo, secondo le intenzioni di Durrenmatt che erano quelle di smontare il genere giallo. Trovo che non solo non ci sia un castigo ma neanche un colpevole perché il colpevole è l’assurdo, l’illogico, l’imprevedibile e quale detective mai potrebbe mettere in manette l’assurdo? Davanti ad un colpevole siffatto, la follia di Matthai è poca cosa

Rosa ha detto...

E comunque, a me questo ritornare sul libro mi dà un effetto "blow up". Non so se ave4e presente il film di Antonioni, Blow up, in cui un fotografo scopre un assassinio ingrandendo a poco a poco delle fotografie scattate, attraverso dei blow ups, appunto. Solo che questo effetto "blow up" nel film non porta a nulla, cioè non porta alla scoperta di un colpevole e quindi è una sorta di riflessione amara sulla realtà che sfugge; nel nostro gruppo di lettori a me pare porti alla consapevolezza che ci sono libri che più li leggi e li discuti e più si aprono ad interpretazioni diverse, ma questo non è un limite, anzi, e che, come già notava Sabrina, ben venga alla fine di queste mille interpretazioni la gioia della condivisione del libro ;-)

Unknown ha detto...

Sono d'accordo con Rosa (che era in accordo con Agata). Parlando di accordi mi riferisco quindi alla musica e alla mia esperienza di orecchiante; con il tempo ho capito che non esiste soltanto l'ascolto ma soprattutto il riascolto. Il magico ritorno a qualcosa che comincia a ri-suonare in modo diverso. Lo stesso per la lettura condivisa: una mutiforme sfumatura del già letto in cerca del non detto.

Unknown ha detto...

Tutti un accordo! In un mondo dove tutti parlano per farsi ascoltare, benvenuti coloro i quali sanno ascoltare e ri-ascoltare. Con buona pace di Giovanni..arriveranno altri commenti o facciamo un "minuto" di silenzio prima.. della Metamorfosi?

Pina Napoli ha detto...

Secondo un Libro si presta sempre a più e a volte contrastanti interpretazioni. E' il bello della lettura e il bello dei Gdl è confrontare le diverse interpretazioni. Come dice la vostra Sabrina poi si esce tutti più ricchi. Nel leggere ognuno mette le sue lenti...e una visione a più lenti non può che essere più bella!!!

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