domenica 7 ottobre 2012

Istruzioni per l'uso di libri sottratti

di Rosa Salamone 

Qualche giorno fa con i miei alunni stavo facendo un gioco linguistico che ha incendiato la loro fantasia: il giocabolario. Il gioco consiste nel prendere un nome comune e darne una definizione fantastica. Faccio un esempio: marcia, gara sportiva andata a male; amo, attrezzo per pescatori sentimentali.

Ho pensato a questo gioco per introdurre una parola che mi ronza in testa per rabbia e sdegno. La parola è paesano. La definizione che ne dò riferendomi al giocabolario e che, ahimé, non ha nulla di fantastico è: abitante di paese che dice sempre no. Dice no per partito preso. Dice no per pigrizia. Dice no per non mettersi in discussione.

Leonforte, sabato 6 e domenica 7 ottobre, Sagra delle pesche. Sagra in cui si promuovono prodotti tipici del paese, in particolare le pesche "'ncuppate" ovvero insacchettate una ad una quando il frutto è ancora acerbo per evitare l'uso di antiparassitari e mantenere genuina la pesca. Uno dei lettori erranti propone di esporre l'asino con l'intento ingenuo di incuriosire altri lettori. Ci attiviamo e, in uno spazio che è di passaggio (è solo un corridoio), ma anche di paesaggio (si affaccia, infatti, sulla piazza sottana dove si trova monumentale la Granfonte), allestiamo un asino di legno e quattro sedie con sopra i libri finora letti da noi lettori erranti. Per ogni libro abbiamo fatto una sopraccoperta con la locandina e il post dell'incontro, una google map del luogo e il manifesto di noi lettori. L'intenzione è buona, idem il risultato finale. Nel conto abbiamo messo il paesano, di cui sopra, che dice no e che, tutto ciò che non capisce, lo disprezza, lo ridicolizza, lo sfregia. 

Il paesano puntuale arriva, prende alcuni libri e sprezzante se ne appropria.

Tanti gli usi ipotetici dei libri sottratti. Immagino possano essere utilizzati come sottopentola o fermaporta, per farsi vento in una giornata di caldo o per tenere in equilibrio i piedi di un tavolo che dondola. Tra un uso e l'altro, auguro al paesano che anche  una parola, una frase, letta per sbaglio o per caso, gli si incendi tra i denti e gli dia una vertigine di senso. Il libro sottratto avrà compiuto così la sua funzione: non più sottratto, ma moltiplicato di senso. 

Ma anche no.
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