mercoledì 30 ottobre 2013

Un patchwork come bandiera per il prossimo incontro

Fatevi una camminata per i vari siti, gentilmente selezionati per voi dal signor google, e in cui si parla del libro Trilogia della città di K. Alla fine della vostra camminata, a tratti noiosa e ripetitiva, avrete sicuramente fatto un cospicuo raccolto di frasi e considerazione del tipo: un'oscura fiaba contemporanea, parabola della guerra, protagonisti due gemelli molto intelligenti, stile asciutto e tagliente, prosa affilata, un pugno allo stomaco, un groppo in gola, finale onirico e angosciante. 

Non buttate via niente, tenete tutto, anche quello che vi sembra superfluo e, armati di ago e filo e santa pazienza, del vostro raccolto fatene un patchwork, letteralmente lavoro di cucito con le pezze. Il risultato finale che otterrete è quanto di più lontano dal libro: un'accozzaglia colorata e kitsch che mai potrà restituirne la sua atmosfera schizofrenica e straniante da gioco degli specchi che ora moltiplicano volti ora li deformano o impietosamente li riflettono nella loro nudità. Tutto questo per contraddire "leggete i discorsi intorno al libro" e invece dire "leggete il libro", tuffatevi nell'inchiostro, anche a rischio di uscirne neri e luridi, tetri e irriconoscibili, anche a rischio di non uscirne. 

Il patchwork non lo buttate, issatelo come bandiera dell'impossibilità di restituire in parole il mistero libro di Ágota Kristóf e della sfida lanciata a tutti noi lettori, non recensori.

Segnala

0 commenti:

Articoli inerenti