martedì 15 ottobre 2013

L'isola degli asini ha letto "Le città invisibili" di Italo Calvino

Il 6 ottobre, in occasione della sagra del pesco e dell'incontro bagnato "Siamo tutti lettori", Manuela ha letto Fedora, Zora, Eutropia, alcune città del libro "Le città invisibili" di Italo Calvino, perché ogni paese è un nuovo mondo.



Le città e la memoria. 4.

Al di là di sei fiumi e tre catene di montagne sorge Zora, città che chi l’ha vista una volta non può piú dimenticare. Ma non perché essa lasci come altre città memorabili un'immagine fuor del comune nei ricordi. Zora ha la proprietà di restare nella memoria punto per punto, nella successione delle vie, e delle case lungo le vie, e delle porte e delle finestre nelle case, pur non mostrando
in esse bellezze o rarità particolari. Il suo segreto è il modo in cui la vista scorre su figure che si succedono come in una partitura musicale nella quale non si può cambiare o spostare una sola nota. L’uomo che sa a memoria com’è fatta Zora, la notte quando non può dormire immagina di camminare per le sue vie e ricorda l’ordine in cui si succedono l’orologio di rame, la tenda a strisce del barbiere, lo zampillo dai nove schizzi, la torre di vetro dell’astronomo, la edicola del venditore di cocomeri, la statua dell’eremita e del leone, il bagno turco, il caffè all’angolo, la traversa che va al porto.

Questa città che non si cancella dalla mente e come un’armatura o reticolo nelle cui caselle ognuno può disporre le cose che vuole ricordare: nomi di uomini illustri, virtú, numeri, classificazioni vegetali e minerali, date di battaglie, costellazioni, parti del discorso. Tra ogni nozione e ogni punto dell’itinerario potrà stabilire un nesso d’affinità o di contrasto che serva da richiamo istantaneo alla memoria. Cosicché gli uomini piú sapienti del mondo sono quelli che sanno a mente Zora. Ma inutilmente mi sono messo in viaggio per visitare la città: obbligata a restare immobile e uguale a se stessa per essere meglio ricordata, Zora languí, si disfece e scomparve. La Terra l’ha dimenticata.

Le città e il desiderio. 4.

Al centro di Fedora, metropoli di pietra grigia, sta un palazzo di metallo con una sfera di vetro in ogni stanza. Guardando dentro ogni sfera si vede una città azzurra che è il modello di un’altra Fedora. Sono le forme che la città avrebbe potuto prendere se non fosse, per una ragione o per l’altra, diventata come oggi la vediamo. In ogni epoca qualcuno, guardando Fedora qual era, aveva immaginato il modo di farne la città ideale, ma mentre costruiva il suo modello in miniatura già Fedora non era piú la stessa di prima, e quello che fino a ieri era stato un suo possibile futuro ormai era solo un giocattolo in una
sfera di vetro.
Fedora ha adesso nel palazzo delle sfere il suo museo: ogni abitante lo visita, sceglie la città che corrisponde ai suoi desideri, la contempla immaginando di specchiarsi nella peschiera delle meduse che doveva raccogliere le acque del canale (se non fosse stato prosciugato), di percorrere dall’alto del baldacchino il viale riservato agli elefanti (ora banditi dalla città), di scivolare lungo la spirale del minareto a chiocciola (che non trovò piú la base su cui sorgere).
Nella mappa del tuo impero, o grande Kan, devono trovar posto sia la grande Fedora di pietra sia le piccole Fedore nelle sfere di vetro. Non perché tutte ugualmente reali, ma perche tutte solo presunte. L’una racchiude ciò che è accettato come necessario mentre non lo è ancora; le altre ciò che è immaginato come possibile e un minuto dopo non lo è piú.

Le città e gli scambi. 3.

Entrato nel territorio che ha Eutropia per capitale, il viaggiatore vede non una città ma molte, di eguale grandezza e non dissimili tra loro, sparse per un vasto e ondulato altopiano. Eutropia è non una ma tutte queste città insieme; una sola è abitata, le altre vuote; e questo si fa a turno. Vi dirò ora come. Il giorno in cui gli abitanti di Eutropia si sentono assalire dalla stanchezza, e nessuno sopporta piú il suo mestiere, i suoi parenti, la sua casa e la sua via, i debiti, la gente da salutare o che saluta, allora tutta la cittadinanza decide di spostarsi nella città vicina che è lí ad aspettarli, vuota e come nuova, dove ognuno prenderà un altro mestiere, un’altra moglie, vedrà un altro paesaggio aprendo la finestra, passerà le sere in altri passatempi amicizie maldicenze.
Cosí la loro vita si rinnova di trasloco in trasloco, tra città che per l’esposizione o la pendenza o i corsi d’acqua o i venti si presentano ognuna con qualche differenza dalle altre. Essendo la loro società ordinata senza grandi differenze di ricchezza o di autorità, i passaggi da una funzione all’altra avvengono quasi senza scosse; la varietà è assicurata dalle molteplici incombenze, tali che nello spazio d’una vita raramente uno ritorna a un mestiere che già era stato il suo.
Cosí la città ripete la sua vita uguale spostandosi in su e in giù sulla sua scacchiera vuota. Gli abitanti tornano a recitare le stesse scene con attori cambiati; ridicono le stesse battute con accenti variamente combinati; spalancano bocche alternate in uguali sbadigli. Sola tra tutte le città dell’impero, Eutropia permane identica a se stessa. Mercurio, dio dei volubili, al quale la città è sacra, fece questo ambiguo miracolo. 

Segnala

0 commenti:

Articoli inerenti