Con quali occhi un fotografo già famoso poteva guardare la guerra e lo sbarco alleato in Sicilia?
Con quali occhi fissare una popolazione già povera e piegata dalle privazioni, dalla miseria, dalle bombe?
Forse l’obiettivo non era certo mosso da pietà e da commiserazione, cioè da un autentico slancio umano; più probabilmente a scattare era la curiosità, autentica curiosità per una popolazione accasciata su se stessa, già vinta e stremata da una sofferenza lontana, ancestrale.
Così l’aerea terra di Troina ci ha accolto, con una retrospettiva fotografica, un reportage su un pezzo di storia sepolta nella memoria e nel tempo, lampi e macerie di una guerra distante. Terribili bagliori che ci hanno raccontato di come in fondo l’uomo non impari mai a vivere in pace e in accordo con la Terra, la Vita e con la propria coscienza.
Tale drammatica premessa ci ha come costretto a cercar rifugio in un luogo fortunoso e marginale dopo essere stati costretti dagli eventi a sfollare da diversi spazi pubblici.
Tuttavia, mai un così casuale posto, accidentato ricovero digradante, fu più metaforico e adatto al nostro dire, al nostro continuo cercar equilibrio per non cadere, per non inciampare nella parola e nella trama, noi reduci e lettori nell'alta terra troinese.