di Angela Riggio
“Una donna brutta non ha a disposizione nessun punto di vista superiore da cui poter raccontare la propria storia. Non c’è prospettiva d’insieme. Non c’è oggettività. La si racconta dall’angolo in cui la vita ci ha strette, attraverso la fessura che la paura e la vergogna ci lasciano aperta giusto per respirare, giusto per non morire.”
Può la vita passarti accanto e lasciarti inerme? Può aspettarti all’angolo e lasciarti passare senza toccarti? Sembrerebbe quello che è succede a Rebecca, bambina brutta, talmente brutta che Mariapia Veladiano, autrice de “La vita accanto”, non perde tempo a descrivere come possa essere questa bruttezza, lascia sottintere qualcosa, lascia che il lettore sia trasportato più dal flusso del suo dolore che dall’immedesimazione fisica nel suo personaggio. “Urla il dolore senza gridarlo”, si è detto.